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Dal volume N° 45

La rivoluzione delle abitudini

 

COME SPEZZARE LE TUE PEGGIORI ABITUDINI SUL LAVORO

Emily Triplett Lentz/Help Scout

Cos’è un’abitudine? Nel 1903 (!) B.R. Andrews su The American Journal of Psychology scriveva che: “… si tratta di un modo più o meno sedimentato di pensare, volere o sentire, che si è acquisito attraverso il precedente ripetersi di un’esperienza mentale”.

Più di recente abbiamo imparato che le abitudini – personali, condivise o sociali – costituiscono una sorta di loop subconscio, una spirale che gira, gira e si ripete. Come scrive in Making Habits, Breaking Habits un altro psicologo, Jeremy Dean, “agire senza pensarci, o in automatico, è una componente focale dell’abitudine”.


Altra citazione utile viene da Charles Duhigg, che nel suo bestseller The Power of Habit spiega come questi loop subconsci seguano un sentiero ricorrente:


1.    uno spunto (“trigger”) attiva nel cervello una sorta di pilota automatico,
2.    la routine guida l’azione,
3.    la ricompensa (l’appagamento) che deriva dall’avere agito – rinforzando il ripetersi del meccanismo per la volta successiva.

La mia peggiore abitudine lavorativa, ad esempio, è il ping-pong fra email, tweet, uozzap e notifiche assortite, mentre i compiti più complessi e impegnativi (come, ehm, scrivere questo articolo) stanno lì in attesa.

Spunto-routine-premio: qual è il tuo loop?
Lo spunto è finire un compito, per esempio rispondere a un’email, il che indica il desiderio di passare alla cosa successiva (“E adesso?”).
La mia routine è controllare tutte le mie applicazioni e dedicarmici immediatamente, qualsiasi altra nuova cosa sia lì ad aspettarmi – spesso, un altro messaggio o email.
La ricompensa sta nella soddisfazione ricavata dal sentirmi produttiva, spuntando un bel numero di cose. Naturalmente il problema sta nel non avere affrontato le mie reali priorità: quindi la mia to-do list non è per niente cambiata…


Scrive Duhigg: “Nel tempo questo loop – spunto, routine, ricompensa; spunto, routine, ricompensa – diventa sempre più un automatismo. Spunto e ricompensa si intrecciano, finché emerge un potente senso di anticipazione e 'fame'. Ecco nata un’abitudine.”

Alla faccia delle mie migliori intenzioni, all’inizio di ogni giornata la “botta” di dopamina che arriva dal controllare le mie notifiche è difficile da ignorare. Per quanti infiniti articoli ricchi di buone intenzioni io abbia letto su come il saltabeccare sia deleterio per la produttività, sembra impossibile contrastare le fondamenta neurologiche che questa abitudine ha costruito in profondità nei miei gangli basali.
Non c’è dubbio alcuno: anche tu ti sei sentito prigioniero di qualche abitudine che ti frena. Cosa fai per aggiustarla?

COME SPEZZARE LE CATTIVE ABITUDINI

Parti dalla consapevolezza
Il primo passo per modificare qualsiasi cattiva abitudine sta nella consapevolezza. Quando sei conscio dei momenti in cui sei soggetto all’automatismo, il meccanismo non ha più un finale scontato. Più siamo consapevoli di cosa innesta i nostri spunti, le nostre routine e le ricompense, meno saremo succubi del potere delle abitudini.

Applica la curiosità a ciò che fai
“E se invece di combattere col nostro cervello iniziassimo a diventare, invece, semplicemente più curiosi rispetto a quanto stiamo vivendo come esperienza?”
Brewer cita come esempio quello dei fumatori che vengono stimolati a vivere consapevolmente l’atto del fumare, divenuto un comportamento disincantato (tecnica a suo avviso molto più efficace delle terapie standard).

Ho dato una chance alla curiosità. Quando ho sentito quello stimolo familiare a controllare i tweet e il conseguente impulso a rispondere, mi sono fermata e mi sono chiesta cosa stesse davvero succedendo. Certo, c’era la scarica di dopamina e altrettanto certamente una bella dose di FOMO – la paura di “non esserci”. Ma qual era la ragione vera che mi spingeva a saltabeccare sconsideratamente da app a app?
Mi sto raccontando di essere produttiva perché voglio crederci.

FOMO
L’acronimo indica “Fear of Missing Out”: la paura di perdere qualcosa condiviso da altri, di essere “tagliati fuori”. Si tratta di una sindrome psicologica enormemente amplificata dai social network, con effetti deleteri su molti utenti – giovani ma non solo – succubi di smartphone e tablet per restare costantemente connessi alle loro reti sociali.

“Molto lavoro quotidiano ci regala un falso senso di produttività a cui ci abbandoniamo colpevolmente – scrive Laura Vanderkam in 168 Hours – “Fare un sacco di cose non significa star facendo cose davvero importanti”.

Avete presente il gioco “Acchiappa la talpa”? Da ogni buca può saltarne fuori una, e, visto che guadagni punti beccandola con un martello, devi martellare! Ecco: acchiappare ogni notifica non è certo il modo migliore di investire il mio tempo, ma di sicuro mi fa sentire come se fossi sempre occupata, importante e attenta al business. Fine delle mie illusioni. La consapevolezza di quanto fosse false la mia sensazione di produttività è stata il primo potente agente del mio cambiamento. Però avevo bisogno di una routine alternativa.

Trasforma le cattive abitudini in routine alternative
Mentre non si può sradicare davvero un’abitudine, si può riformarla modificando la componente di routine fra spunto e ricompensa. Scrive ancora Duhigg: “Ecco la regola. Se mantieni lo stesso spunto e ricevi la stessa ricompensa, riesci a modificare la routine e quindi a cambiare l’abitudine. Quasi ogni comportamento può essere trasformato se spunto e ricompensa restano le stesse”.
Che formula liberatoria!
Adesso, quando completo un’azione e arriva lo spunto “avanti il prossimo!”, la mia routine sostitutiva è avvisare il mio team che mi sto immergendo: quindi chiudo con gli strumenti e le notifiche non mi servono per completare quella cosa specifica. La ricompensa è identica: la soddisfazione di sentirmi produttiva. La differenza sta nella effettiva produttività di oggi, verso la vecchia pigrizia ben infiocchettata.

I benefici nascosti della riforma nelle abitudini
Un notevole beneficio conseguente alla liberazione anche da una sola cattiva abitudine è che il cambiamento positivo si riversa in altre parti delle nostre vite. Non sappiamo esattamente perché ciò accada, ma sappiamo che lo fa; e il principio si applica non solo alle nostre vite individuali, ma anche alle società e alle organizzazioni.
Per esempio, quando Paul O’Neill prese il timone del barcollante colosso Alcoa, scelse di concentrarsi sulla sicurezza dei lavoratori. Mettere il focus su questa abitudine portante diede una svolta, portando Alcoa a divenire uno dei migliori titoli dell’indice Dow Jones.

ALLENATI PER 7 GIORNI!

1.    Cosa potrebbe accadere se tu decidessi di scegliere una cattiva abitudine e dedicare una settimana a “viverla” con curiosità?
2.    Una volta individuato il “tuo” loop spunto/routine/ricompensa, saresti in grado di individuare un nuovo comportamento da inserire come routine?
3.    Cosa potrebbe accadere alla tua azienda se riuscissi a trasformare una abitudine portante? Per dire, il modo in cui vengono gestite le riunioni, o inserite le persone? In che modo questi cambiamenti iniziali potrebbero innestare una reazione a catena positiva?

LESSON LEARNED
Un’ultima considerazione di Duhigg: “Una volta capito che le abitudini possono cambiare, avrai la libertà – e la responsabilità – di ricrearle. Una volta che avrai capito che le abitudini possono essere ricostruite, il potere dell’abitudine diventa più semplice da comprendere, e la sola opzione rimasta è mettersi al lavoro”.