La leadership senza tempo di Elisabetta I
Una scena del film Elizabeth (1998)
“NON CERCARE DI DIVENTARE UN UOMO DI SUCCESSO, MA PIUTTOSTO UN UOMO DI VALORE.” (ALBERT EINSTEIN)
ENGAGE, OVVERO: CREA SOLIDE RELAZIONI DI LAVORO BASATE SULLA INTEGRITÀ!
In quasi tutte le ricerche sulla leadership, una delle qualità ritenute molto importanti è l’integrità, che emerge come l’ingrediente base della relazione fra il leader e il suo seguito. Permette ciò che John Pepper, ex Presidente e CEO di Procter & Gamble, chiama ENGAGING, cioè la capacità di costruire relazioni di fiducia e di collaborazione con la squadra che assiste e sostiene il leader.
È ampiamente condiviso il fatto che, se le persone sono disposte a seguire qualcuno – in battaglia o nel consiglio di amministrazione – prima di tutto, sono convinte che il leader prescelto sia all’altezza della loro fiducia. La fiducia è il termine “contenitore” di più doti e comportamenti: perché nasca, le persone devono convincersi che il leader sia sincero, etico e dotato di principi, e spesso usano il termine “integrità” intendendo soprattutto “onestà”.
È umano: qualunque sia l’ambiente o la situazione, tutti vogliono potersi fidare dei loro leader ed essere certi che siano persone di grande onestà. Nessuno di noi vuole essere ingannato o portato fuori strada. Vogliamo che ci si dica la verità. Vogliamo un leader che sappia distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
È vero, vogliamo che la nostra squadra vinca, ma non vogliamo essere guidati da qualcuno che cerchi di ottenere il successo con mezzi disonesti.
Di tutte le qualità che la gente cerca e ammira in un leader, l’integrità è di gran lunga quella che ci tocca di più, anche perché è quella che di più arricchisce o impoverisce la nostra reputazione personale. Concretamente:
• se seguiamo qualcuno che è universalmente riconosciuto in possesso di forte integrità, è probabile che anche noi si sia visti in quella luce;
• se invece seguiamo deliberatamente e volontariamente qualcuno che è considerato disonesto, la nostra stessa immagine è appannata.
Ma come fanno gli altri a misurare una caratteristica soggettiva come l’onestà? Le ricerche indicano che, indipendentemente da ciò che i leader affermano sulla loro integrità, la gente aspetta la prova, cioè osserva il comportamento e giudica uno onesto dalla coerenza fra parole e azioni.
Pepper descrive così i comportamenti tipici del leader capaci di creare l’"engagement":
• costruisce solide relazioni di lavoro, grazie alla sua integrità e alla grande trasparenza interpersonale;
• in maniera proattiva coinvolge gli altri nella risoluzione costruttiva dei conflitti e con loro concorda e condivide obiettivi comuni;
• ascolta attivamente e comunica in maniera trasparente, incoraggiando gli altri a fare lo stesso;
• incoraggia e facilita nell’ambito della sua organizzazione la collaborazione per ottenere soluzioni positive per tutti.
Riassumendo, l’integrità è fortemente legata ai valori e all’etica.
Infatti apprezziamo chi prende posizione su principi importanti, e ci rifiutiamo di seguire chi dimostra di non avere fiducia nelle proprie convinzioni. L’esperienza ci dice che la confusione relativamente alla posizione del leader in questo campo crea stress; la non conoscenza delle sue convinzioni contribuisce al conflitto, all’indecisione e alla rivalità politica; leader che non vogliono o non possono trasmettere i loro valori, la loro etica e i loro standard. E senza trasmissione di valori, quei leader avranno un breve seguito.
Per approfondire questa qualità, parlerò di due donne, leader insuperate nel mondo della storia e in quello del business, che hanno applicato in maniera straordinaria quanto abbiamo appena detto.
ELISABETTA I:
L’INTEGRITÀ REGNA SOVRANA
Il personaggio della storia politica e militare che ho scelto per illustrare questa qualità è Elisabetta I, regina di Inghilterra, che da subito, ereditando una nazione in crisi, mostrò quanto fosse prudente ed equilibrata.
Quando Elisabetta assunse il trono alla morte di Maria, le casseforti reali erano vuote e la nazione era in conflitto sia con la Scozia che con la Francia - con i protestanti che si aspettavano una riforma radicale anticattolica, che avrebbe potuto precipitare la Francia nelle guerre di religione come era avvenuto nel XVI secolo.
Elisabetta dimostrò di avere imparato dalle sue personali esperienze. Mentre ristabiliva la Chiesa di Inghilterra, concesse a Maria un funerale cattolico, una decisione che ritenne essere meno controversa. Ella sapeva utilizzare il compromesso senza però mai sacrificare i suoi obiettivi di lungo termine. Uno dei suoi primi atti ufficiali fu quello di riorganizzare il Consiglio della Corona (Privy Council), abbassando il numero dei membri da 39 a 13 con lo scopo di aumentarne l’efficienza. Sebbene escludesse numerosi consiglieri fedeli a Maria e alla sua politica, ne trattenne un certo numero che erano stati al servizio della precedente regina per segnalare la fine delle persecuzioni.
Elisabetta non si circondò mai di adulatori e “yes men”, ma pretese sempre assoluta fedeltà dai suoi consiglieri. La sua abilità nella scelta di uomini saggi fu una delle sue grandi forze, anche se la sua prudenza la portò a non credere mai ciecamente in nessuno. “Non dire segreti a persone, la cui fede e silenzio tu non abbia già verificato!” Era però sempre al fianco dei collaboratori più fedeli. Quando il suo segretario di stato, Lord Burghley, si ammalò nel 1598, la regina sostò per ore al suo capezzale.
Il potere intelligente
Elisabetta viveva in un’epoca in cui le donne erano considerate poco di più di un oggetto di proprietà e i suoi sudditi avevano dei dubbi circa l’abilità di una donna a governare. Pur essendo molto giovane, Elisabetta era però consapevole della sua intelligenza e non perdeva occasione per rendere nota la sua intenzione di usarla. E la sua integrità le dava la forza di prendere posizioni difficili.
La storia dimostrò che Elisabetta avrebbe avuto bisogno di tutta la sua intelligenza e abilità per navigare nelle acque turbolente degli intrighi di palazzo e avviare l’Inghilterra su un corso di eventi che l’avrebbe resa “il più grande impero della terra”.
Il momento più critico fu quello in cui la storica contrapposizione con la Spagna sfociò in un aperto conflitto motivato dalla esecuzione di Maria e sollecitato anche dal Papa. Alla fine dell’estate del 1588 la Invencible Armada, la grande e potente flotta spagnola, salpò con l’intenzione di distruggere la flotta inglese e preparare lo sbarco di un esercito spagnolo proveniente dalle Fiandre. In una delle battaglie decisive della storia la flotta spagnola fu sconfitta e dispersa. Durante la crisi Elisabetta era andata a Tilbury e aveva fatto un breve, ma celebre discorso alle sue truppe, in cui aveva detto: “Lasciate che siano i tiranni ad aver paura: io mi sono sempre comportata così da porre la mia forza e la mia salvaguardia nei cuori fedeli e nelle volontà dei miei sudditi: e perciò sono venuta tra voi in questo momento decisa nel mezzo della battaglia a vivere e morire fra voi!”
Sentì durante tutto il suo regno il bisogno di mescolarsi sempre con la sua gente. Nonostante le grandi difficoltà di spostamento (un viaggio comportava una processione di 400 carri e 2.400 cavalli che si muoveva alla velocità di 12 miglia al giorno), Elisabetta ogni estate visitava intere aree del paese. Quale miglior modo di comunicare il suo affetto e il suo interesse per i suoi sudditi dell’entrare in contatto diretto con loro?
Non c’è dubbio che il suo più importante risultato fu la relazione che lei seppe stabilire con il popolo. Ella era molto avanti rispetto ai suoi tempi nella percezione dell’importanza delle relazioni pubbliche e la sua popolarità non è stata mai superata. Nel suo “Golden Speech” del 1601, disse: “questa considero la gloria della mia corona, il fatto di aver regnato con il vostro amore!”.