Noi e gli altri


Edoardo Lombardi Edoardo Lombardi

Dal volume N° 20

VINCO IO, PERDI TU... O VINCIAMO ENTRAMBI?

LAVORARE IN GRUPPO: CHE FATICA! MA NON UNA MISSIONE IMPOSSIBILE. COMPETIZIONE, ARRENDEVOLEZZA, NEUTRALITÀ O COLLABORAZIONE: LA SCELTA DI CHE RELAZIONI COSTRUIRE SPETTA A NOI

Racconta Stephen Covey, il noto scrittore americano autore del bestseller Le sette abitudini delle persone altamente efficienti, che una volta gli fu chiesto di lavorare per un’azienda il cui presidente era molto preoccupato per la mancanza di cooperazione dei suoi collaboratori. Il presidente gli chiese di approfondire la cosa e di sviluppare un programma di relazioni umane che potesse risolvere il problema. Covey accettò.

Scoprì che effettivamente c’era in azienda molto egoismo, mancanza di volontà di cooperare, una comunicazione fortemente difensiva. Tornò dal presidente e, mentre parlavano della situazione, notò che nel suo ufficio, dietro a una tenda, era appeso un cartellone. Su di esso si vedevano una pista ippica e un numero di cavalli da corsa allineati sulla linea di partenza. Sovrapposta alla testa di ciascun cavallo, la faccia di uno dei suoi manager. Alla fine del percorso spiccava una fotografia di un bellissimo panorama delle isole Bermuda; al centro una coppia che, molto romanticamente, camminava mano nella mano su una spiaggia di sabbia bianca.

Covey venne a sapere che una volta alla settimana il presidente riuniva tutti i suoi manager nel suo ufficio e parlava loro di cooperazione. “Lavoriamo insieme. – diceva – Se lo facciamo, guadagneremo sempre di più”. Poi apriva la tenda e, indicando il cartellone, esclamava: “Chi di voi vincerà il viaggio alle Bermuda?”. Il suo comportamento aveva una grossa contraddizione: quella di volere che i suoi uomini lavorassero insieme, pur mettendoli allo stesso tempo uno in concorrenza con l’altro.

Covey accettò la sfida, ma cercò di perseguire l’eccellenza personale e organizzativa del gruppo in un modo completamente diverso; riuscì nel suo compito non stimolando le persone a competere, ma sviluppando sistemi informativi e premianti che rinforzassero il valore della collaborazione.

Perché questo?

Ci vogliono relazioni di qualità

Il successo di un gruppo di persone deriva soprattutto dalla qualità delle relazioni interpersonali, e queste sono influenzate dalla maturità del carattere dei membri del gruppo. Ora, il carattere è “maturo” se la persona che lo possiede ha raggiunto un giusto equilibrio fra coraggio e considerazione.

Spieghiamoci meglio. Se la persona è capace di esprimere i suoi sentimenti e le sue convinzioni con coraggio, bilanciato però con la considerazione per i sentimenti e le convinzioni dell’altra persona, è matura nel carattere ed è adatto al lavoro di gruppo.

A seconda di come questi due elementi, coraggio nel manifestare i propri sentimenti/convinzioni e considerazione per i sentimenti/convinzioni degli altri, sono modulati nel carattere delle persone, queste gestiscono in modo diverso le interazioni con gli altri. In particolare la combinazione del coraggio e della considerazione finisce con il determinare lo stile manageriale delle persone sul posto di lavoro.

Quattro esempi di relazione

Le principali situazioni che possiamo identificare e vogliamo discutere sono quattro.

1. Lavoro di squadra? Mai più senza!

Nella prima situazione i protagonisti dell’interazione “vincono” entrambi. Gli americani, lo sappiamo, la chiamano “win-win”. Lo stato d’animo è quello di una ricerca costante di un beneficio condiviso da entrambe le parti. Con questa filosofia le parti sono a loro agio con le decisioni assunte collettivamente, e si sentono impegnate a realizzare il piano sviluppato insieme. “Win-win” si basa sul paradigma che può esserci “gloria per tutti” e che il successo di una persona non deve essere ottenuto a spese del successo di altri.

Per rappresentare graficamente questa situazione, possiamo tracciare una matrice che nei due assi ha rispettivamente il coraggio e la considerazione. Laddove il coraggio è alto, così come alta è la considerazione, cioè nel quadrante in alto a destra della matrice, risiede la filosofia “win-win”. Pensare “win-win” non significa essere gentili o cercare di sfuggire a una difficoltà contingente.

Significa credere nella validità dell’interazione umana e della collaborazione, vedere la vita non come un’arena di competizione, ma una di cooperazione.

Chi ha fatto propria la filosofia “win-win” descriverebbe il ruolo manageriale che svolge più o meno così: “Mi impegno duramente e gli altri mi seguono con entusiasmo. Incoraggio a esprimere e ascolto le opinioni e le idee diverse dalle mie. Riesamino costantemente fatti, opinioni e posizioni miei e degli altri per verificarne la validità. Se mi vengono presentate idee migliori delle mie, cambio parere. Quando si verificano dei contrasti, ricerco i motivi che li hanno provocati per risolverne le cause. Cerco di ottenere comprensione e consenso. Il team working? Non saprei lavorare senza!”.

2. Lavoro di squadra? E che cos’è?

Una alternativa a “win-win” è “win-lose”, cioè il paradigma del contest delle Bermuda. Significa “io vinco, se tu perdi”. Questa filosofia è tipica dell’approccio autoritario. Le persone “win-lose” sono portate a usare il loro potere, le loro credenziali, la loro ricchezza o la loro personalità per affermare la loro posizione. Certamente c’è un posto per il “win-lose” nelle situazioni fortemente competitive e dominate dalla sfiducia. Ma la maggior parte della vita e del lavoro non è una competizione. Non dobbiamo vivere ogni giorno per prevalere su nostra moglie, i nostri figli, i nostri vicini, i nostri colleghi e i nostri clienti. Molti dei risultati che vogliamo ottenere dipendono dalla cooperazione e non dalla competizione con gli altri.

Come concepisce il proprio ruolo in un gruppo una persona “win-lose”? Direbbe: “Spingo me stesso e gli altri a lavorare. Indago su fatti, opinioni e posizioni in modo da avere il controllo di ogni situazione e assicurarmi che gli altri non commettano errori. Sostengo a spada tratta le mie opinioni, i miei orientamenti e le mie idee, anche quando, per farlo, devo rifiutare quelle degli altri. Quando si verificano dei contrasti, cerco di tagliar corto o di avere la meglio. Ci tengo a decidere di persona e raramente mi faccio influenzare dagli altri. Non perdo occasione di far notare le carenze di una persona e i casi in cui non è stata all’altezza del proprio compito. Il team working? Che cos’è?”.

Nella nostra matrice, il quadrante relativo alla filosofia “win-lose” è quello in alto a sinistra.

3. Lavoro di squadra? Sì, ma d’accordo con tutti

Alcune persone sono invece programmate sul contrario: “lose-win”. “Io perdo, tu vinci” è il senso di questo approccio. “Io sono un perdente, lo sono sempre stato”, “Io sono pacifico e farò di tutto per non entrare in urto con te”.

Non sembrerebbe, ma la situazione “lose-win” è più critica di quella “win-lose”: non comporta richieste, né aspettative, né visione. Le persone che ragionano così solitamente sono facili da soddisfare o da pacificare. Hanno poco coraggio per esprimere i loro sentimenti e convinzioni e sono facilmente intimidite dagli altri, che invece hanno un forte ego.

Ascoltiamo il punto di vista della persona “losewin”: “Per amor di armonia, non ho la tendenza a contestare gli altri. Aderisco alle opinioni, orientamenti e idee degli altri anche quando ho delle riserve. Evito di provocare contrasti, ma quando si verificano, cerco di calmare gli animi e mantenere unite le persone. Prendo decisioni che permettano di mantenere buoni rapporti. Dispenso incoraggiamenti e lodi, quando avviene qualcosa di positivo, ma evito di dare informazioni di ritorno su esiti negativi. Il team working? Il mio maggior impegno è essere d’accordo con tutti”.

La posizione nella matrice è quella del quadrante in basso a destra.

4. Lavoro di squadra? Solo se gli altri cedono, altrimenti “non gioco più”

E andiamo alla quarta situazione, rappresentata dall’ultimo quadrante in basso a sinistra.

Quando due persone “win-lose” si incontrano, cioè due persone determinate, testarde, prepotenti, il risultato sarà “lose-lose”. Entrambe “perderanno”: infatti diventeranno così concentrate sul “nemico”, così ossessionate dal comportamento dell’altra persona da risultare accecate da tutto. Rimane solo il desiderio che l’altra persona ceda, anche se ciò potrebbe significare la sconfitta di entrambi.

Ed il manager “win-lose”, una volta sconfitto, cadrà in uno stato d’animo di disimpegno, di non collaborazione attiva, il classico caso del “non ci gioco più”. Che cosa allora direbbe del suo ruolo? “Faccio quello che basta per cavarmela. Mi accontento dei fatti, opinioni e posizioni che mi sono comunicati. Tengo per me il mio parere e mi esprimo solo se chiamato in causa. Evito di prendere posizione, rimango neutrale e cerco di non essere coinvolto in un contrasto. Lascio che siano gli altri a prendere le decisioni e mi adatto alla situazione. Il team working? Mi auguro di non essere chiamato in causa”.

Tutto ciò suggerisce che la filosofia “win-win” sia quella preferibile, nella vita come nel lavoro. La domanda allora è: che cosa possiamo fare per spostarci nel quadrante in alto a destra?

Lo vedremo in uno dei prossimi numeri.