L'IMPORTANTE È DAVVERO PARTECIPARE
EFFICACIA E ORGANIZZAZIONE: PREZIOSI ALLEATI, TROPPO SPESSO NEMICI
Fra le mie vecchie carte, ho ritrovato un discorso di un personaggio che in passato ho avuto modo di conoscere e apprezzare: Charles L. Hughes. Molti anni fa (più o meno trentacinque) era il direttore centrale del personale di una grande azienda americana, che all’epoca era fra quelle portate a esempio in molti campi del management, ovvero la Texas Instruments.
Lo avevo incontrato in uno dei miei primi viaggi negli Usa e lo avevo ascoltato mentre parlava di un tema ancor oggi molto caldo nel mondo industriale: l’efficacia delle organizzazioni, cioè la loro capacità di produrre i risultati desiderati. In fondo Hughes parlava dell’efficacia umana, perché un’organizzazione non è nulla di più delle persone che la costituiscono con la loro qualità e le loro interazioni.
Purtroppo, sottolineava, non abbiamo una “bilancio contabile” delle risorse umane e dovremmo essere molto preoccupati di questa carenza. Per rendercene conto, pensiamo alle conseguenze di un cespite che sparisce dall’inventario fisico:
qualcuno passerebbe un brutto quarto d’ora per non aver evitato il relativo spreco di denaro. Invece gettiamo via un sacco di soldi nella gestione delle risorse umane, senza preoccuparcene. Un manager, che è stato formato e ha fatto esperienza in azienda e poi la lascia, non dovrebbe essere causa di una svalutazione del patrimonio aziendale? Perché un pezzo di macchinario deve essere trattato con più cura di una persona?
Questi e altri concetti avevano fatto parte del suo discorso richiamando la mia attenzione, ma il “core” del messaggio era rappresentato dalle considerazioni su cosa incide sull’efficacia aziendale, e, in particolare, quanto conta un clima partecipativo in azienda.
È necessario considerare il modo diverso con cui le cose sono viste da livelli diversi della struttura. È importante conoscere ciò che realmente avviene rispetto a ciò che il capo ha piacere di credere che avvenga. Fra queste due conoscenze c’è spesso molta differenza. In realtà il capo ha una grande influenza sul clima del lavoro, ma non è lui a motivare le persone. Le persone devono motivare se stesse. Il capo controlla alcune delle cose che determinano la motivazione e di conseguenza ha un controllo indiretto della stessa.
Le basi della condivisione
Ci sono alcuni requisiti di base che favoriscono la competenza personale. Devi avere degli obiettivi significativi. Non è importante se “ami” le persone oppure no, devi avere grandi aspettative sulla performance di tutti. D’altro lato, devi anche avere la libertà di agire e una sufficiente latitudine per muoverti nel tuo ruolo. Le relazioni con gli altri sul posto di lavoro siano reali e autentiche. Ci sia considerazione per l’individuo: ciò significa rispettare il suo talento e le sue abilità. Il lavoro, poi, deve essere organizzato secondo un orientamento di team: per conseguire la massima efficacia, l’organizzazione deve funzionare come un team, invece che come un insieme di individui.
L’efficacia dell’organizzazione non è ottenuta manifestando amore per le persone che ne fanno parte e neppure essendo gentili nei confronti degli altri. L’efficacia dell’organizzazione nasce da un clima di onestà e di rispetto reciproco in cui la molla che trascina sono gli obiettivi da raggiungere. Si basa su una comunicazione sincera e diretta fra capo e subordinati, fra un livello e l’altro. Ciascuna persona deve sapere che è necessario tollerare un certo livello di insoddisfazione per riuscire a ottenere un lavoro ben fatto, ma deve anche poterne parlare. Questo è sincerità, onestà applicata! Non ha niente a che vedere con l’idea che ognuno debba apprezzare necessariamente tutto ciò che gli viene detto.
Solo in questa atmosfera di franchezza le persone sono in grado di stabilire degli obiettivi organizzativi ed è possibile che questi obiettivi siano ambiziosi e addirittura che risultino divertenti!
Riflettiamo su questo.
Obiettivi: sì, ma quali?
Gli obiettivi devono essere sufficientemente ambiziosi da motivare le persone, senza però essere così impegnativi da non poter essere raggiunti. Gli obiettivi dei membri di un team devono supportarsi a vicenda: quelli di una persona devono sorreggere quelli di un’altra. Devono anche fornire possibilmente l’occasione di fare ciò che la persona ama fare.
Alcuni capi fanno l’errore di cercare di stabilire loro tutti gli obiettivi. Un capo di questo tipo dice in effetti: “Non preoccuparti: ti dico io cosa fare”. Succede poi che questo capo non riesca a comprendere perché il suo subordinato non sia interessato a quegli obiettivi.
Un altro problema è quando il capo fissa obiettivi confusi e poco chiari; se questo si verifica, la persona può farli diventare tutto ciò che lei stessa vuole che siano. Gli obiettivi devono essere assolutamente chiari; non deve esistere alcun dubbio su cosa significano o a che cosa sono diretti.
Dopo che gli obiettivi sono stabiliti, è necessario pianificare la strategia per conseguirli. Un errore frequente è delegare allo staff la loro programmazione. No! Se gli obiettivi sono i tuoi, devi essere tu a pianificarli.
Obiettivi che non sono comprensibili non diventano obiettivi desiderabili: possono anche essere estremamente ambiziosi, ma non richiamano l’interesse delle persone.
Questa scena non è fuori dall’immaginazione: un capo decide improvvisamente di riunire le sue persone per stabilire i gol del prossimo anno; ci vogliono 35 minuti per completare questo compito, ma 30 minuti dopo la conclusione della riunione, il testo dei piani per conseguirli è distribuito ai convenuti. In realtà il capo aveva preparato già prima quegli obiettivi e quei piani e li aveva fatti dattiloscrivere prima della riunione. Beh, questa non è partecipazione, piuttosto pura manipolazione!
Le regole del goal setting
Se vuoi ottenere partecipazione:
• chiedi ai tuoi dipendenti diretti di fissare loro alcuni obiettivi;
• negoziali avanti e indietro con loro parecchie volte.
In questo modo, quando i goal (obiettivi) sono definitivamente concordati, tutti quelli che hanno partecipato al processo si sentono assolutamente convinti della loro raggiungibilità. Tu pensi di poterli conseguire solo se hai partecipato a una sessione di goal setting (definizione degli obiettivi) così completa e coinvolgente. Questo è ciò che rende il goal setting uno strumento potente e pieno di significato. Ma per giungere a questo è indispensabile che il capo e i subordinati siano capaci di parlarsi in buona fede e con franchezza. E, naturalmente, è sempre preferibile iniziare il processo quanto più in alto è possibile nell’organizzazione.
In una organizzazione orientata agli obiettivi, vogliamo che le persone siano libere di fare tutto quanto gli riesce possibile e così trarranno dal loro lavoro la massima soddisfazione. Questo vale anche per il loro capo: nel suo caso egli sarà molto più soddisfatto che se avesse tenuto tutto nelle sue mani.
Motivazione e relazione
Ma in questo tipo di organizzazione ci sono altri aspetti da curare.
È consigliabile non dire mai a un qualsiasi essere umano quale dovrebbe essere la sua attitudine, né cercare di motivare nessuno; non possiamo farlo perché le persone motivano se stesse. Non diamo da svolgere compiti che siano senza contenuto e soprattutto non commettiamo l’errore di dire a qualcuno di far qualcosa che sta già facendo, perché certamente otterremo in ritorno del risentimento.
Non prendiamo l’iniziativa di aiutare qualcuno a fare il suo lavoro. Accertiamoci che abbia tutte le risorse di cui ha bisogno, ma non assilliamolo con l’atteggiamento “ti faccio vedere come si fa questa cosa”. Se però una persona chiede aiuto, non dobbiamo aver paura di dargli ciò che vuole. Ricordiamoci che le persone che non sono supervisori possono dire ai supervisori cosa fare, spesso con notevole competenza.
Potrei andare avanti con un’ulteriore esposizione dei concetti di Hughes per realizzare una “organizzazione efficace”, cioè capace di produrre i risultati desiderati, ma penso di avervi trasmesso la parte che conta.
Voglio solo aggiungere che in tanti anni di lavoro ho avuto piena conferma della bontà dei suoi suggerimenti.