Trend


Valeria Tonella Valeria Tonella

VEDI ALLA VOCE "CONCEPT STORE"

 

IL NEGOZIO TRADIZIONALE È DEMODÉ. PER VENDERE, BISOGNA REGALARE: EMOZIONI. IL CLIENTE CHE COMPRA È QUELLO CHE VIVE L'ACQUISTO E SI AFFEZIONA A UN'IDEA. SCOPRIAMO, IN PILLOLE, UNA PAROLA SEMPRE PIÙ DIFFUSA NEL RETAIL

 

La parola Da "concept", concetto, idea, e "store", negozio.

Che cos'è un concept store È un negozio dove il cliente vive l'esplorazione e la scoperta di un'idea che l'azienda vuole trasmettere, grazie anche alle ambientazioni, alle luci, alle musiche, ai profumi. Non è semplice esposizione di prodotti: c'è uno stile preciso, un gusto, che riflette l'identità dell'azienda nei dettagli (arredamento, allestimento, pezzi messi in vendita). Questa identità e lo stile che viene scelto per presentarla devono essere chiaramente riconoscibili dal cliente, che così acquista sicurezza e fiducia verso il marchio. L'architettura del negozio è distintiva: pensando all'abbigliamento, se si propone un trend "street", il motivo delle pareti sarà a mattone, con graffiti o murales. Oppure lo store esprimerà il concept "ecological friendly", "luxury". L'importante è che tutti i prodotti siano unificati attorno a questa stessa filosofia.

Esempi di concept store Negli anni '70 Elio Fiorucci aprì negozi di moda, arredamento, giardinaggio, viaggi dove si respirava il senso del ludico, del divertimento, del colore. Era il regno del pop. Non si parlava ancora di concept store, ma così nascevano.

Altro precursore, Ralph Lauren aprì un concept store a New York negli anni '80 e poi altri. Voleva raccontare l'America del lusso e del benessere, arredando i negozi come avrebbe arredato casa sua, con poltrone di pelle, vasi di fiori, quadri di cani e cavalli. Il sogno di Hollywood unito alle radici anglosassoni. Tradizione ed eleganza inaspettata. Abbigliamento per l'equitazione o per i campus universitari, libri, valige, bauli, gioielli, bicchieri. Lauren aprì un mondo - il suo - ai consumatori, che potevano riconoscere ovunque quello stile. Un unico stile, uno stile unico: questo è concept store.

Un altro esempio famoso è, a Londra, Dover Street Market, che molti descrivono più come un'enorme installazione artistica che come un negozio. L'intento del fondatore, il giapponese Rei Kawakubo, è riuscito: presentare il suo fashion store quale emblema di tutto ciò che è all'avanguardia, eclettico, "cool".

E poi i Disney Store, McDonald's, Coin... fino alle banche! In Brasile la prima banca nazionale, la Bradesco, ha addirittura inaugurato una filiale su una barca, che percorre il rio delle Amazzoni e raggiunge le popolazioni lontane dalle città. Il concept? Sempre vicini al cliente.

È un modo di vivere l'acquisto La stilista Coco Chanel diceva che "la moda non è qualcosa che esiste solo nei vestiti; è nel cielo, nelle strade, ha a che fare con le idee, con il nostro modo di vivere". Sostituite a "moda" la parola più generica "acquisto" e avrete un'altra definizione di concept store.

Primo, il cliente Nel concept store è al centro il cliente, non il prodotto. La vendita è un teatro dell'offerta, in cui l'oggetto del desiderio può anche non essere il prodotto, ma il servizio, che è un insieme di emozioni, informazioni, stili di vita a scaffale. L'acquisto è qualcosa di psicologico, sociale, sensoriale. Tutti i sensi sono coinvolti, anche quando Abercrombie and Fitch profuma i biglietti da visita con l'ultima fragranza in vetrina. L'idea è che, toccando e sentendo, il cliente sia indotto ad acquistare di più e a condividere più facilmente l'esperienza con altri (passaparola). Non solo: l'ambiente del negozio deve diventare così accogliente, familiare, riconoscibile che il cliente fatica ad andarsene o è disposta a fare la fila per entrare. Il contesto giustifica in modo subliminare l'atto dell'acquisto.

Il negozio digitale confluisce in quello reale Rispetto al passato, chi gestisce un negozio ha a che fare non solo con la merce, ma con i dati e i dispositivi più vari: casse elettroniche, smart code, lettori digitali, carte fedeltà, couponing, telecamere, contapersone, e-commerce (sempre più in auge anche per i piccoli esercizi). Il negozio di ieri non usava internet, quelli di oggi sono immersi nella tecnologia e la tecnologia diventa uno strumento non solo per la customer experience, ma anche per migliorare le prestazioni di chi lavora in magazzino, consegna le merci, fa gli inventari. La tecnologia aiuta il personale di negozio a dialogare più fretta con quello di magazzino, per velocizzare le consegne ed evitare l'esaurimento di taglie o prodotti. Chi potrà fare a meno di software gestionali, app, wireless, smart badge da spalla o a comando vocale per leggere le etichette dei prodotti, touch screen, tablet e palmari per condividere i dati con i consumatori che in negozio cercano informazioni, firme digitali per velocizzare i pagamenti? Il concept store è tecnologia, è business intelligence.

Niente di fisso Concept store significa che uno stesso punto vendita durante il giorno può proporre articoli di design, abbigliamento o articoli per la casa, mentre la sera si trasforma in uno spazio per l'aperitivo o la presentazione di un libro...

 

La definizione classica di negozio è, di fatto, da tempo demodé; il semplice scambio merceologico un concetto preistorico (vogue.it)

Più che un negozio, il concept store (detto anche flagship) è una filosofia di Crm. Una gestione della relazione con il consumatore che invece di puntare a vendere, progetta cosa regalare: emozioni. (bizloft.com)

Fonti: thebizloft.com, vogue.it, toonaripost.com (immagini dal web)