Zoom: ma il galateo? E lo stress?
I dati per carità si riferiscono al mercato USA, ma credo che il quadro della situazione sia molto simile al nostro.
Premessa: nel 2020 le persone stanno usando le video-riunioni il 50% in più rispetto al prima della pandemia – e dichiarano di preferire molto di più questa modalità rispetto alle telefonate (alle “call”).
L’immagine che rispecchiamo
Problemi tecnici a parte, quello su cui c’è ancora un ampissimo margine di miglioramento è però l’aspetto, diciamo così, del galateo: se ancora dopo ormai decenni non è diffusa fra tutti la netiquette (le buone norme in rete di scrittura e di uso di email, post e commenti), figuriamoci se possiamo parlare improvvisamente di “video-etiquette”!
Il come comportarsi e non comportarsi durante la nostra ormai quotidiana presenza su Zoom (Go-to-meeting, GoogleMeets, WhereBy eccetera) è una questione che all’inizio, colti di sorpresa, poteva essere stata anche comprensibilmente sottovalutata; ma oggi che si tratta di una realtà di fatto costante e destinata a durare, non possiamo più essere “naive”. Trascurare l’ambiente, inquadrarsi a metà faccia, sovrapporsi agli altri o non capire la basilare regola di azzittire il microfono, sono elementi chiave della prima impressione e poi nella valutazione professionale che offriamo di noi.
Rispecchiamoci nei dati
Ma vediamo alcuni interessanti aspetti emersi da uno studio appena rilasciato negli USA.
La prima evidenza della ricerca Owl Labs è che il passaggio alla modalità video è stata positivo e impegnativo al tempo stesso. Infatti il 79% degli intervistati concorda sul fatto che questo tipo di riunioni sia produttiva come quelle in presenza (se non di più); ma i lavoratori si trovano ad affrontare dei veri… corpo a corpo con una serie di problemi.
Gli aspetti negativi più segnalati riguardano la difficoltà di gestire la discussione: venire interrotti o avere altri che “ci parlano sopra” è la cosa che viene più lamentata.
I punti critici a seguire sono l’effetto distraente dei fondali e le problematiche di audio.
Un altro dato emerso negli USA è che gli intervistati hanno dichiarato di avere lavorato nell’emergenza Covid in media 26 ore in più alla settimana – quasi un giorno un giorno extra insomma.
È un po’ la situazione che molti segnalano anche da noi, sia pur finora empiricamente (alla faccia di chi ancora sostiene che a casa si batta la fiacca).
LESSON LEARNED
A causa di questi aspetti indubbiamente faticosi, ben l’80% degli intervistati pensa che ci vorrebbe almeno un giorno alla settima senza videoincontri – anche se il 77% ritiene che lavorare da casa sarebbe comunque una opzione positiva anche una volta finita l’emergenza Covid.
Su questo aspetto influisce (anche) una considerazione molto pratica: lavorando da casa si risparmiano in media 500 dollari al mese e tre ore e mezza (almeno) di tempo alla settimana per gli spostamenti.
Quindi per metà degli intervistati la possibilità di lavorare almeno in parte da remoto resterà un fattore molto rilevante per la scelta del lavoro in futuro.
Da VisualCapitalist.com: fonte Owl Labs, State of Remote Work 2020