Venditori sostenibili
Sono stato a un evento in cui due degli ospiti parlavano di sviluppo sostenibile.
La definizione di “sviluppo sostenibile” appare per la prima volta in un rapporto della Commissione mondiale sull’ambiente nel 1987: «Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento
dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali».
«Lo sviluppo sostenibile impone di soddisfare i bisogni fondamentali di tutti e di estendere a tutti la possibilità di attuare le proprie aspirazioni auna vita migliore. Il soddisfacimento di bisogni essenziali esige non solo una nuova era di crescita economica per nazioni in cui la maggioranza degli abitanti siano poveri, ma anche la garanzia che tali poveri abbiano la loro giusta parte delle risorse necessarie a sostenere tale crescita».
I due personaggi in questioni erano Carlo “Carlin” Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, e Fabio Brescacin, presidente di Ecor Naturasì, catena di negozi di alimenti e prodotti biologici e biodinamici.
Mentre Petrini asseriva il dovere di un ritorno alla terra e alla produzione agricola, sentivo forte il rimprovero che Petrini distribuiva a chi nel processo non aggiungono valore.
Una società basata sul marketing, e quindi sulla alterazione della percezione dei consumatori, non aggiunge valore, non aggiunge qualità, non aggiunge benessere reale.
Questo concetto mi mette a disagio. Ma riconosco che ha un fondamento. L’alterazione della reale comprensione di ciò che è utile e buono e di ciò che non lo è, alterazione che il marketing spesso compie, non mi è molto chiara. Noi venditori, e le nostre organizzazioni, siamo capaci di far credere cose vere o false e molti su questa seconda fattispecie ci vivono con serenità.
Mentre mi sentivo molto scomodo, immerso in queste riflessioni di un mostro sacro come Petrini, mi ha soccorso Fabio Brescacin. Un profeta della qualità e del fare commercio in modo sano e pulito. Per gli antichi romani, i commercianti avevano come protettore Mercurio, che è sì, il protettore dei ladri, ma anche il protettore dei terapeuti e dei guaritori. Ha rivendicato una funzione utile e saggia del commercio, e quindi di chi vende. Una funzione di selezione attenta, di cernita, di spiegazione, di formazione.
Questa nota mi è piaciuta molto.
Ero davvero in crisi sentendo Petrini dare sciabolate e mazzate a tutto ciò che non è attività di produzione o trasformazione. Il commercio di solito non apporta cambiamenti al prodotto,
spesso aggiunge valore intangibile e invisibile. Così invisibile che chiamano qualcuno a spiegarlo. Il venditore.
Un venditore può decidere di riempire di parole l’aria per nascondere il nulla, oppure può essere il terapeuta che curerà il cliente dalla sua insoddisfazione, rendendo concreto ciò che è ancora nel subconscio dell’acquirente. Ecco il dilemma di fronte al quale mi mettono il fondatore di Slow Food e il fondatore di Ecor Naturasì: noi venditori viviamo vendendo qualunque cosa o servizio, che non sia proibito per legge, ma vendendo possiamo fare del bene o possiamo fare del male agli altri e al pianeta (e quindi di nuovo a noi). Arricchiamo o impoveriamo il sistema. Siamo parassiti o utili, a seconda di come agiamo.
La regola d’oro dice di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. C’è in tutte le grandi religioni.
Basterebbe tenere a mente qualche regola, e queste sono quelle che mi sono sembrate più utili:
1. Non camuffare ciò che vendi.
2. Sii chiaro più che puoi con chi fa affari con te e non lasciare fraintendimenti.
3. Non basare una vendita su equivoci.
4. Tieni una prospettiva di lungo termine.
5. Metti il cliente sopra ogni altro interesse.
6. Scrivi su un cartoncino che ti impegni a guadagnarti il pane senza fregare il prossimo e tienilo nel portafoglio.
In questo mondo, oltre che venditore, sei cliente anche tu. E se hai dei figli ricordati che, di qualcuno, saranno clienti anche loro, prima o poi.