Customer Experience


Tullio Miscoria Tullio Miscoria

Dal volume N° 26

Il coltello dalla parte del manico

IN UNA TRATTATIVA IL CLIENTE SI FA FORTE CON LE OBIEZIONI SUL PREZZO, LA MINACCIA DI SCEGLIERE ALTRI FORNITORI, LA RICHIESTA DI SCONTI... MA IL POTERE

"È più facile vendere o comprare?”. Se fate questa domanda a un venditore, molto probabilmente vi risponderà senza esitazione: “È ovvio: comprare!”.

Chi acquista ha molte possibilità di scelta tra prodotti/servizi analoghi se non addirittura identici. Se poi siamo stati noi che abbiamo sollecitato un incontro con un potenziale cliente, è evidente che lui si trova in una posizione di forza. Ma valutiamo bene ogni aspetto prima di presentarci all’appuntamento “con il cappello in mano” ringraziandolo per la sua benevolenza.

 

Se il cliente ha accettato di vederci, è perché è interessato a valutare una nostra offerta, ma non lo svelerà per mantenere alto il suo potere contrattuale. Non ci racconterà se è insoddisfatto del suo fornitore, anche se vi è stata qualche grave inadempienza, e ci lascerà intendere che sta solo facendo alcune valutazioni, interpellando più fornitori, anche nel caso in cui fosse nella assoluta necessità di comprare.

 

Ristabilire l’equilibrio

In una negoziazione, chi ha più alternative o non è vincolato a concludere, o semplicemente lo lascia intendere, ha più potere rispetto alla controparte, esattamente come nel poker, dove è avvantaggiato chi ha o fa credere di avere il punteggio più alto inducendo gli altri giocatori ad abbandonare.

 

Per riequilibrare il potere, il venditore dovrà porsi nei confronti del cliente evidenziando tutto il suo interesse a concludere l’accordo, ma solo a certe condizioni: nel gestire la trattativa sarà attento a comprendere bene le sue esigenze, valorizzando la soluzione offerta e ottenendo l’apprezzamento dell’interlocutore; solo allora esprimerà in modo fermo e pacato le condizioni di vendita (prezzo, tempi e modalità di pagamento).

 

1. Se si gioca sul prezzo

È facile che, a questo punto, il cliente obietti sul prezzo. D’altronde perché non dovrebbe farlo? Questo potrebbe significare due cose: la prima, che è interessato a comprare; la seconda, che vuole verificare lo sconto massimo che può ottenere per un confronto comparativo con i nostri concorrenti o per fare pressioni sul suo attuale fornitore. Se alla domanda del venditore “Dobbiamo concludere l’accordo adesso?”, il cliente rispondesse in modo affermativo, il potere contrattuale si sposterebbe  a favore del venditore, in quanto è evidente che il cliente ha deciso di comprare e anche l’ottenimento di un solo euro di sconto sarà comunque un buon risparmio. Invece, nel caso in cui l’acquirente replicasse che non è pronto a decidere in quel momento, il venditore dovrà essere abile nel non svelare le condizioni alle quali è pronto a concludere, limitandosi a rassicurarlo più o meno in questi termini: “Il prezzo non sarà un problema: se lei vuole comprare, io voglio vendere. Quando lei deciderà, troveremo sicuramente un accordo. In questo momento non posso dirle però l’ultimo prezzo, perché correrei il rischio di proporre ora condizioni migliori o peggiori di quelle che potrei concederle quando lei sarà pronto a concludere”.

 

2. Se il cliente chiede un’offerta scritta

Immaginiamo ora che il cliente chieda di avere un’offerta scritta per poter procedere a una comparazione con quelle di altri fornitori. Se a distanza di qualche giorno il venditore chiamasse il compratore per verificare se ha valutato la sua proposta, è facile pensare che il cliente, anche nel caso in cui la ritenesse la migliore, avrebbe buon gioco a replicare: “È interessante, ma il prezzo è molto più caro rispetto alle altre offerte”. In sostanza chi si propone per primo dà un vantaggio competitivo all’altro. Se invece il venditore contattasse il cliente con un pretesto, quale ad esempio la verifica per una nuova soluzione alternativa, senza far menzione a quanto precedentemente offerto, potrebbe usufruire di una consistente opportunità nel caso in cui fosse il suo interlocutore a dichiarare per primo: “La sua prima proposta mi potrebbe interessare, ma il prezzo è eccessivo (o fuori budget o non competitivo)!”. Il maggior potere contrattuale passerebbe dalla parte del venditore, perché, avendo compreso che il cliente ha optato per lui, avrebbe buon gioco a sostenere che: “Se decide ora, potrei venirle incontro, anche se ho pochissimo margine di trattativa”.

Il venditore potrebbe concludere senza nulla concedere, ma il cliente sarebbe poco soddisfatto di come si è chiuso l’accordo. Una piccola concessione gli consentirebbe di vedere riconosciuto il suo potere di acquirente.

 

3. Se parte una gara tra fornitori

Dunque chi si “muove per primo” dà un vantaggio alla controparte. E se il cliente decidesse di indire una “gara” tra più fornitori? Il venditore dovrà, prima di tutto, investigare sulla base di quali parametri, oltre al prezzo, verranno valutate le varie offerte (profilo del fornitore, garanzie, caratteristiche del prodotto, prezzo, termini di pagamento, ecc.) e conseguentemente preparare la sua. Nessuna esitazione a fare queste domande: non è forse più imbarazzante dire di “no” che chiedere?

Poniamo che i fornitori siano tre; dopo aver ricevuto le tre offerte, l’acquirente dovrà fare una scelta tra A, B e C. Immaginiamo che ritenga la prima la più cara, la seconda la più conveniente e la miglior soluzione e la terza l’opzione intermedia. Chi contatterà? Ovviamente il fornitore B, il quale si renderà immediatamente consapevole di essere vincente, anche se il compratore cercherà di fare pressione dicendo: “Ci stiamo orientando verso un’altra soluzione più conveniente, anche se la vostra è stata apprezzata ma ritenuta troppo costosa”.

A questo punto il venditore avrà compreso di essere il prescelto, anche se l’acquirente si sarà impegnato a dissimulare il suo interesse. Sarà facile per lui concludere: “Se il divario rispetto ai concorrenti è piccolo, si potrà chiudere la vendita, mentre in caso contrario l’accordo sfumerà”.

Ovviamente il cliente potrà optare per la soluzione C, ma si tratterebbe di una soluzione di ripiego. Come dire: per il cenone di capodanno volevo l’aragosta, ma ho scelto il pollo.

Di questi tempi non è raro assistere a contrattazioni molto dure. Il cliente tenta di imporre le proprie condizioni con minacce come: “Se non mi fa il 20% di sconto, scelgo un altro fornitore”.

Non spaventiamoci.

Se la soluzione più economica del concorrente fosse veramente la preferita, l’avrebbe già scelta e non starebbe trattando con noi.

Inoltre, più l’acquirente alza il tono, più sta svelando che vuole comprare. In altre parole è come se ci rispondesse: “Voglio comprare, smettila di fare il difficile, fai una concessione che mi gratifichi e concludiamo l’accordo”.

 

Torniamo ora alla domanda iniziale: è più facile vendere o comprare?. Nulla è semplice. Anche per chi compra la trattativa è una prova, perché deve dissimulare l’interesse per l’offerta del venditore, evitando “lo stallo”, ovvero evitando che una delle due parti abbandoni il tavolo negoziale. Infatti una delle due dovrebbe “inseguire” l’altra andogli un chiaro segnale di resa.

 

Non facciamoci quindi intimorire: se un cliente ci riceve, è perché ha un interesse; se tratta sul prezzo dichiarandosi pronto a concludere e se le sue richieste verranno accettate, è perché ha scelto noi e non è necessario accordargli tutto quello che pretende.