Lifestyle


Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 36

Rimmel, walkman, biro: dal marchio al vocabolario

Da bambina, sentivo mia mamma e mia nonna chiamare spesso il mascara con una parola diversa: rimmel. “Prima di uscire vado a mettermi il rimmel”. Ma perché? È che a volte un nome di marca diventa sinonimo di una intera categoria di prodotti, e quindi un nome comune. Per qualche azienda è stata una grande opportunità, per altre meno, perché a volte il nome si è rivelato più apprezzato e usato dei suoi prodotti, conquistandosi una vita a sé stante e perfino arrivando a definire quelli della concorrenza.
Non c’è infatti giorno in cui non usiamo un post-it o un kleenex: nomi ormai di uso comune, in realtà veri – fortunatissimi! – nomi di marchi (marchionimi).


Rimmel
Il nome sinonimo di mascara forse nacque con riferimento all’omonima città dell’Algeria, celebre per le ciglia lunghe delle sue abitanti. Almeno questa è la versione più accreditata della americana Maybelline, per la quale l’inventore del mascara fu T.L. Williams. Williams nel 1913 mise a punto una miscela di gel di vaselina e polvere di carbone khol, ma è anche vero che fu l’inglese Eugene Rimmel a formulare nel 1860 il primo mascara allungante non tossico, utilizzando una gelatina di petrolio.

Post-it
Questi foglietti di carta colorata semi-adesivi fanno ormai parte della nostra vita, e ognuno di noi ha il suo tipo preferito. Il nome è perfino diventato sinonimo di appunti – anche al computer, dove il “quadratino giallo” rivive come nota. In realtà questa parola è un marchio depositato della 3M, dopo che nel 1968 un suo ricercatore di nome Spencer Silver, cercando un nuovo adesivo bello forte, arrivò invece a una formula riposizionabile. All’inizio l’azienda non seppe che farsene, poi nel 1974 un altro ricercatore 3M, Arthur Fry, pensò di usare quell'adesivo per creare dei segnalibri. I primi prototipi furono disponibili nel 1977, e nel 1980-1981, dopo una poderosa campagna, il prodotto fu posto in vendita in tutto il mondo.

Scotch
Un altro caso che vede protagonista 3M è quello del nastro adesivo, ormai comunemente e universalmente chiamato anche “scotch”, dal nome commerciale di questo articolo inventato dal ricercatore Richard Drew e messo in commercio nel 1930.

Walkman
All’inizio, nessun dubbio: il primo lettore portatile di musicassette fu il Sony Walkman, venduto dal 1º luglio del 1979. Molti nostri lettori, ahimè, non avranno idea di cosa stiamo parlando, ma all’epoca la musica girava sul vinile, quindi ci voleva un giradischi. Per i 45 giri di portatile c’era il mangiadischi, per le musicassette degli impianti portatili di dimensioni ragguardevoli… lasciamo perdere! Potersi “portare addosso” la musica fu una piccola grande rivoluzione, e in un battibaleno il termine “walkman” andò a indicare qualsiasi lettore di audiocassette portatile, anche se non prodotto dalla Sony. In ogni caso la parola Walkman è un marchio registrato di Sony, che infatti lo sta riutilizzando per più moderni lettori digitali.

La Corte suprema austriaca ha decretato che la parola “walkman”, come termine generico, sarebbe diventata la voce ufficiale per indicare la categoria generica “registratore portatile”. Il risultato di questa decisione è che Sony ha perso i suoi diritti sul nome in Austria, non potendo più utilizzarlo in modo esclusivo.

K-way

In realtà questo nome non è neanche di prodotto, bensì è la marca che nel 1965 per prima propose sul mercato questo tipo di giacca impermeabile antivento (in nylon o pvc) creata a Parigi da Lèon-Claude Duhamel. Ma il nome ormai ha preso il significato di protezione impermeabile “da viaggio”, leggera e pieghevole.

Cellophane
Chi l’avrebbe mai detto? Anche il sinonimo universale di “pellicola trasparente” sarebbe un marchio! Questo termine infatti fu creato nel 1908 dall’ingegnere tessile e chimico da Brandenberger, dall’unione delle parole “cellulosa” e “diaphane” (“diafano” ovvero “che lascia passare la luce e permette di vedere attraverso”). Dopo anni di affinamento nella ricerca, dal 1920 iniziò a produrre a livello industriale e a fare marketing, per poi vendere i diritti del brevetto per il mercato Usa alla DuPont nel 1923.

Biro
Questa è la storia di una doppia “volgarizzazione” di marchio.
La penna a sfera fu infatti inventata da Làzlo Biró, un giornalista ungherese, frustrato dalla quantità di tempo sprecato a riempire le penne stilografiche e pulire le pagine macchiate. Notando che gli inchiostri usati nella stampa di giornali asciugavano rapidamente, lasciando la carta pulita e senza sbavature, decise di creare una penna utilizzando lo stesso tipo di inchiostro ad alta vischiosità, che ben si prestava a scorrere su un meccanismo a sfera, con un flusso controllato e senza sporcare. Il brevetto della penna di Birò fu depositato in Gran Bretagna il 15 giugno 1938.
Dopo tutta una serie di buone partenze e vicissitudini (mettiamoci in mezzo anche la guerra e la necessità di espatriare in Argentina), una cosa fu chiara: i costi di produzione restavano alti, rendendo la penna a sfera – che ci si creda o no – un prodotto d’élite. Si conferma il destino comune di molti inventori, che è quello di non essere dei buoni imprenditori. I fratelli Bíró cedettero il brevetto al barone italiano, naturalizzato francese, Marcel Bich, che riuscì a produrre una penna abbattendo i costi del 90% e la commercializzò in tutto il mondo con due risultati: Birò morì poverissimo mentre Bich divenne ricchissimo, e la penna “biro” è anche associata al suo nome.



Kleenex
Questo nome è la contrazione tra kleen (ovvero clean, termine inglese che significa “pulito”) e il suffisso -ex (da Kotex, l'azienda che per prima produsse il Kleenex, oggi di proprietà della multinazionale Kimberly-Clark). È il brand di fazzoletti di carta e veline tra i più diffusi e famosi del pianeta, sinonimo del prodotto stesso in Italia e in molti Paesi.
È la parola che usiamo per chiedere a un’amica qualcosa per asciugarci le lacrime, quando una pena d’amore ci fa colare il rimmel.