NELL'INTERESSE DEL VENDITORE, NON DELLE VENDITE
UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE È VALIDO SOLO QUANDO POI AUMENTA IL VENDUTO? O CI SI DEVE PREFIGGERE ANCHE IL CONSOLIDAMENTO DEL RUOLO DI UN VENDITORE, DELLA SUA AFFIDABILITÀ E DELLE SUE CERTEZZE PERSONALI?
Quante volte, durante una trattativa di vendita, abbiamo pensato: “Starò facendo bene?”, “Adesso gli propongo...”, “Forse è il caso di dire…”. Pensieri più che normali in un’attività caratterizzata, come si sa, da un’elevata concentrazione mentale dalla quale dipenderà, in larga misura, il successo del nostro operato.
Abbiamo mai provato a chiederci cosa contribuisce a rafforzare la nostra concentrazione durante la trattativa?
È fuori discussione che lo stato psicologico/motivazionale del momento ha un ruolo fondamentale per l’efficacia della nostra azione di convincimento; se volessimo sintetizzare con una parola questa componente interiore, potremmo usare il termine “sicurezza”, intesa come la somma di alcuni fattori quali la determinazione nel raggiungimento degli obiettivi, il livello di autostima, la fiducia nel prodotto. Ma la componente legata più strettamente al concetto di sicurezza è quella della formazione ricevuta.
Formazione: solo per aumentare le vendite?
Valutare l’efficacia dei progetti formativi indirizzati alla forza vendita è sempre stata un’impresa, sulla quale si sono cimentati manager e studiosi di varia estrazione; però un paio di punti in particolare meritano, a mio avviso, una riflessione: correlare l’efficacia dell’azione formativa all’incremento delle vendite è sempre il criterio più attendibile per
valutare la validità dei programmi di formazione? E ancora: l’obiettivo finale della disciplina deve essere soltanto l’incremento delle vendite o deve riguardare anche il “consolidamento” e l’affidabilità del venditore nell’organizzazione?
Il tema è delicato se lo si rapporta all’epoca attuale, che richiede alle organizzazioni commerciali sforzi più rilevanti rispetto al passato per conservare un livello di vendite da considerarsi soddisfacente.
Non si può, però, al tempo stesso eludere la necessità di porre il venditore nella condizione di lavorare con un minimo di serenità, con i dovuti supporti, facendolo sentire parte fondamentale di una squadra coesa, solidale e perfettamente sintonizzata sulle politiche commerciali stabilite dall’azienda.
Il punto è dunque: trovare un equilibrio tra queste esigenze formative, revisionando le logiche che oggi sono alla base delle politiche di formazione.
Il mondo della vendita diretta è certamente quello che più necessita di una revisione in questo senso. L’impostazione che storicamente si è data agli interventi formativi privilegia la costruzione di un percorso che conduca il venditore a concludere la vendita nel modo più facile possibile e in tempi ragionevolmente brevi.
Il salto di qualità che la formazione in questo settore dovrà affrontare nell’immediato futuro, dovrà riguardare proprio il consolidamento della figura del nuovo collaboratore, che, spesso digiuno di qualsiasi esperienza di vendita, si vede proiettato in un mondo del tutto sconosciuto, dove esiste un unico elemento di tranquillità interiore: sapere che, se rispetterà certi passaggi, evitando fuori pista pericolosi, le possibilità di vendere aumentano di molto. Se è vero, però, che la vendita non è solo rispetto di tecniche, peraltro assolutamente irrinunciabili, è anche vero che fantasia ed estro personale possono essere di grande aiuto.
Su questa impostazione un po’ troppo rigida della formazione pesano il fattore turnover dei collaboratori (60%-70% nell’arco di un anno) e la composizione stessa delle reti di vendita, dove la maggior parte dei venditori è impegnata a tempo parziale, per cui si tende a impostare gli interventi utilizzando un copione assai pragmatico.
Di quanto si potrebbe ridurre il turnover e di quanto si potrebbe consolidare l’organizzazione se i venditori avessero un bagaglio di conoscenze e di competenze più consistente e si sentissero più sicuri della scelta fatta? Quanto incide, insomma, l’insicurezza nella gestione del rapporto con il cliente e sulla decisione di abbandonare l’attività?
Non so se si possa parlare di dilemma da sciogliere, ma di certo bisogna capire se continuare sulla strada delle politiche del reclutamento di massa, accettando il destino ineluttabile dei numeri di cui sopra, o se ridurre parzialmente le risorse da utilizzare nelle campagne di reclutamento per destinarle a campagne di mantenimento all’interno dell’organizzazione.
È evidente che le due strade comportano altrettante visioni di politica commerciale nel lungo periodo, molto diverse tra loro. Quale sia la più conveniente è difficile stabilirlo a priori; molto dipende dalle caratteristiche del mercato, dal prodotto, dalla struttura interna dell’azienda.
In ogni caso la politica di “un colpo al cerchio e uno alla botte” ha fatto ormai il suo tempo. È arrivato il momento delle scelte chiare e precise, dalle quali far scaturire obiettivi altrettanto precisi sia di breve che di lungo termine.
Come impostare la formazione: un esempio
Ma come dovrebbe essere articolata una politica di formazione orientata al rafforzamento dell’azione di vendita dei venditori e basata sul rafforzamento interiore delle loro sicurezze?
Se le teorie più accreditate in tema di apprendimento affermano che esiste uno legame strettissimo tra apprendimento e motivazione, lo sforzo del futuro sarà quello di prevedere percorsi di formazione in grado di rispettare questo legame.
Un’ipotesi di progettualità potrebbe essere rappresentata da interventi in aula riguardanti i seguenti temi:
• princìpi regolatori della vendita diretta e delle differenze dei comportamenti d’acquisto della clientela rispetto alle decisioni di acquisto “tradizionali” (livello di soddisfazione, fedeltà alla marca, importanza del venditore...);
• politiche commerciali dell’azienda e messa a punto di tecniche e metodi di lavoro;
• fase del post vendita come discriminante per la fidelizzazione del cliente;
• componente motivazionale del venditore diretto;
• supporto del gruppo di appartenenza;
• organizzazione interna e regole di comportamento.
Sopra questa piattaforma propedeutica sarà possibile imbastire successivamente qualsiasi intervento di formazione, con il vantaggio di aumentare il livello di coinvolgimento e di consapevolezza dei partecipanti invogliandoli a far parte di un progetto creato davvero nel loro interesse.
Proviamo a immaginare gli effetti che una fase preparatoria così concepita può determinare su un progetto di formazione per l’inserimento di un gruppo di nuovi venditori. Potrà prevedere anche la partecipazione degli stessi venditori alla gestione degli affiancamenti sul campo con i propri responsabili e il coinvolgimento in giornate di follow up.
Suddividiamo il progetto in due fasi.
PRIMA FASE
Acquisizione, da parte dei formatori, dei necessari elementi di conoscenza della realtà operativa dei venditori già in forza, per quanto riguarda la gestione del rapporto con il cliente (obiezioni più frequenti, difficoltà nel fissare gli appuntamenti, gestione del post vendita o altro). Il fine è quello di individuare i punti critici più comuni. Semplici questionari da distribuire ai venditori più esperti sono di solito sufficienti per questa “istruttoria” preliminare.
SECONDA FASE
Sulla base delle informazioni raccolte, viene messo a punto un programma di interventi formativi, preferibilmente monotematici e diluiti nel tempo. Il contenuto di ogni intervento deve essere concepito in funzione di un facile e immediato trasferimento sul campo, sia da parte del venditore sia da parte del suo diretto responsabile, che si dovrà far carico dell’affiancamento di verifica.
Un esempio: nella sessione dedicata alla gestione delle obiezioni più comuni è utile illustrare una scheda di verifica che, affidata a chi gestirà l’affiancamento, accerterà eventuali aree di miglioramento da affrontare in una successiva fase di follow up. Uno schema di scheda di osservazione potrebbe essere il seguente:
Si utilizzerà questo strumento in tre o quattro affiancamenti per ogni venditore.
Il responsabile monitorerà il percorso di miglioramento di ogni collaboratore in un arco di tempo predefinito, definendo successivamente ulteriori interventi di perfezionamento.
Soltanto attraverso un’accurata fase preparatoria sarà possibile acquisire il giusto livello di collaborazione da parte dei diretti interessati. Se questa collaborazione raggiungerà i livelli attesi, si può essere certi che l’intero progetto raggiungerà buona parte degli obiettivi stabiliti.
Constatare di persona l’effettivo aiuto che l’organizzazione commerciale vuole dare al proprio sviluppo personale rafforza nel venditore la disponibilità a collaborare per la riuscita di qualsiasi azione formativa.
Un affiancamento così concepito, frutto del gioco di squadra tra tutte le parti in causa, non sarà pertanto vissuto come la solita azione di controllo da parte del “capo”, ma come un momento di crescita a tutto tondo.
Nella mia attività di venditore e formatore ho sempre constatato che il rispetto di uno dei princìpi fondamentali della formazione, e cioè aiutare i partecipanti a prendere coscienza del tema che si sta per trattare, è il miglior viatico per migliorare il tasso di partecipazione e il livello di ascolto, presupposti irrinunciabili per il successo di qualsiasi progetto formativo.
Un’attenzione in più in tal senso rappresenta certamente il miglior investimento che un’organizzazione commerciale può fare per il proprio sviluppo.