Wishlist: Slow Sud, in amore vince chi frigge
È nato tutto in via delle Asole 4, a Milano, ma con il delivery questi “cinque sognatori terroni” stanno portando in giro il calore del Sud. La pasta alla Norma è un tormentone (ne hanno cucinate più di 182 mila), ma il menù è da assaggiare tutto (occhio, provoca acquolina!). “Cunzate la tavola” che Slow Sud arriva! Niente gourmet, niente fronzoli: solo Sud!
PROVATO E APPROVATO DALLA "DIRETTORA"!
"Crea dipendenza! E poi sono troppo bravi con i clienti, una delle pochissime newsletter che condivido sempre: spisciosa!"
“Tutti consegnano pizze, mai nessuno una Norma!”
L’incontro con SlowSud inizia una sera di lavoro: bisognava finire, ma… anche mangiare! Si tratta ormai di 5 anni fa, avevo appena iniziato a sperimentare le prime realtà di delivery nate durante Expo, anche per scriverne su V+.
Così provo a cercare “Norma” su JustEat e… mi appare un bel menù siciliano, con consegna anche veloce: prendo nota di guardare l’indirizzo sullo scontrino, il ristorante deve essere a distanza passeggiata! Non sto a dire la scoperta, rilevante sia per qualità che per quantità. Insomma: poi ci sono andata “fisicamente” – scoprendo il cannolo scomposto (slurp!) e un posto piccolo ma strategico in cui tornare sia con amici che per lavoro (è in pieno centro a Milano, servizio rapido, poca spesa tanta resa). E poi i ragazzi della ghènga SlowSud, visti i risultati, avevano smesso con il delivery: intasava la cucina – e credo il progetto fosse aprire altri locali.
Dissolvenza. Pausa. Lockdown.
Dopo un lustro il delivery per me era già un’abitudine, e vedere che alcune realtà si fossero organizzate subito mi ha fatto doppiamente piacere: potevo concedermi qualche sfizio salva-umore, sentendo di contribuire.
La mia adorata Norma continuava però a non essere sulle app e per le voglie “da giù” sono… andata giù di Pescaria e Ammu. Poi nel cazzeggio divanoso estivo vedo SlowSud partecipare in tv a “4 ristoranti” e vincere come migliore delivery di Milano: ma che è ‘sta cosa? Corro sul sito, scopro che si sono organizzati con consegne in proprio, rispolvero la mia “Terron’s Card” e… vabbè, da allora coi fattorini siamo quasi parenti.
Altra cosa che accade da allora: scopro che son bravi anche oltre i fornelli, a far comunicazione. Dopo qualche commento e “mi piace” vedo sempre i post, ma la cosa che più mi piace (davvero!) è il tono di voce eternamente scanzonato che rende particolari i messaggi nei vari canali. Vedi la sentita prece per postare foto “slurpose”, o i testi delle email.
Poi, certo: c’è il fatto che a ogni ordine ti mandano cannoli omaggio – subdoli!
Ma anche alcuni dettagli fanno la differenza: vedi i bigliettini di ringraziamento rigorosamente scritti a mano che mettono sempre nelle consegne – potrebbe sembrare tempo sprecato, e invece.
Insomma: da un ristorantino piccino e cinque ottimisti sta crescendo un piccolo grande caso sia di business (a breve un progetto regionale, poi nazionale) che di comunicazione – con un mix di digitale “divertente” a favore di engagement e di mezzi “classici” a favore di costruzione del brand.
A dimostrazione che le buone idee con le buone strategie diventano… slurpose!