Donne, ce la faremo finalmente?
SFIDE, VOGLIA DI RISCATTO, OPPORTUNITÀ,
GENDER GAP E… LA VOGLIA DI CREDERCI
Sono passati più di 50 anni dalle manifestazioni in piazza in cui le donne bruciavano il reggiseno. Forse a molti sembrava allora una reazione esagerata, ma il movimento del Sessantotto ha rappresentato, sia simbolicamente che di fatto, l’espressione di un desiderio estremo di liberazione, la dichiarazione aperta e audace di donne che desideravano uscire da un tunnel buio e lungo, durato secoli, di intrappolamento sociale e spesso individuale.
Molte, troppe donne delle generazioni successive si sono dissociate dal movimento, non riconoscendosi nei suoi gesti e nelle sue espressioni, probabilmente perché non hanno vissuto e quindi non hanno compreso appieno il contesto sociale precedente. Qualcun’altra non solo ha rinnegato, ma ha anche dimenticato i vantaggi che la lotta per i diritti ha portato, associando il femminismo alla rinnegazione totale della femminilità.
In quegli anni, per poter avere le stesse opportunità bisognava imitare gli uomini e usare gli stessi codici di comportamento e di abbigliamento: la cura della persona, il trucco e la scarpa con il tacco erano associati solo alla seduzione e squalificavano le capacità intellettuali della donna, classificata come persona che voleva piacere ed essere considerata solo per le sue doti fisiche. Eravamo molto lontani dal considerare che ci si possa vestire e si possa curare il proprio aspetto soprattutto per piacere a se stessi!
Da quelli anni tanta strada è stata fatta (non tantissima però!) e oggi parliamo di nuovo femminismo molto più aperto e flessibile nella modalità di comunicazione, un movimento di pensiero ma anche di azione necessario, perché i progressi ottenuti con le battaglie degli anni ‘60 e inizio ‘70 hanno subìto un arresto, negli anni ‘80 e ‘90.
Oggi ci sono ancora tanta ambiguità e tanti pregiudizi a ostacolare la strada delle donne. Molte volte queste diffidenze partono dalle donne stesse: per questo nel 2018 esiste un divario forte tra le condizioni economiche degli uomini e delle donne.
Ci sono donne che, consapevolmente o no, trasmettono valori e comportamenti maschilisti e ci sono uomini, anche se ancora troppo pochi, che invece si impegnano per portare i valori del nuovo femminilismo.
Houston: abbiamo (ancora!) un problema
Se ancora abbiamo tanto bisogno di ribadire che le donne sono altrettanto brave dei maschi sul posto di lavoro, significa che c’è un problema: non si comprende perché le donne in Italia, per esempio, siano pagate mediamente il 12.7% in meno (*1) degli uomini a parità di mansione o perché così poche donne siedano nei consigli di amministrazione, anche se sembra che gli investitori preferiscano la presenza femminile nei board, ritenendola più affidabile. Sarebbe quindi utile, non solo per la parità di genere e per trasmettere un messaggio di inclusività, ma proprio per avvicinare gli investitori alle aziende (soprattutto quelle in crescita) favorire la partecipazione delle donne nei consigli di amministrazione.
Sfogliando la stampa, possiamo leggere molti articoli sulla parità di genere, sulle donne al comando e sulla leadership al femminile, ma si tratta di casi sporadici – che, appunto, “fanno notizia”.
Quante sono invece le aziende che nel loro statuto hanno inserito l’impegno per la parità di genere e fanno un analisi seria e approfondita sulle retribuzioni, per poi colmare il gap anche con dei piani biennali o triennali? Cosa in concreto fa la politica per favorire le policy di inclusione delle donne nei consigli?
Paura di volare (ancora!)
Altro punto dolentissimo: se le donne sentono di dover dimostrare che sono brave, significa che c’è anche un altro problema, ovvero la mancanza di autostima, un problema che viene dall’interno, alimentato da secoli e secoli di messaggi svalorizzanti e squalificanti.
Confrontata con quella delle donne degli altri Paesi europei, la condizione delle donne italiane è tra le peggiori: abbiamo un tasso di occupazione del 20% in meno rispetto agli uomini (il 52,5% delle donne occupate vs il 72,3% degli uomini) in un Paese che ha il tasso di natalità più basso d’Europa. Ovvero le famiglie sono piccole – e questo sarebbe favorevole alla possibilità di lavorare per le donne – ma il loro ruolo rimane quello di madre e moglie.
E ancora: gender gap, uomini che vengono da marte e donne che vengono da Venere, leadership, scale gerarchiche: leggi l'articolo completo qui e poi dicci la tua!