CAFFE’ ALL’AMERICANA: UN SUCCESSO BEN… ESPRESSO
STORIA DI STARBUCKS, CHE NON VENDE(VA) IN ITALIA, E DI HOWARD SCHULTZ, CHE ALL’ITALIA DEVE LA CONQUISTA DEL MONDO
Premessa. Fra poco a Milano vivremo il debutto di Starbucks, a 20 anni dalla "illuminazione" italiana di Howard Schultz. Contiamo di scriverne presto su V+ magazine naturalmente!
Intanto per prepararmi ho ripreso una delle mie prime case history pubblicate - l'Italia nel 2012 era ancora solo nella visione ma la storia di Schultz ai nostri lettori è piaciuta parecchio (anche a chi non ama il cafferone americano, che io invece adoro, specie con bagel e cheesecake...)
Nel 1983 Howard Schultz, che lavora da poco in una piccola catena di caffè a Seattle chiamata Starbucks, viene a Milano. Lui ama il caffè, ma la maggior parte degli americani è abituato a berne tazzoni distrattamente, camminando o guidando: in fondo, si tratta solo di una bevanda calda che “ricarica”, o il pretesto per due chiacchiere in ufficio. Il concetto italiano di bar caffetteria è per lui una rivelazione: un luogo diverso dalla casa o l’ufficio, in cui fermarsi e godersi una vera pausa, anche in compagnia, magari seduti al tavolo con un buon dolcetto.
Far diventare il momento del caffè un’esperienza, negli Stati Uniti e nel mondo, diventa la sua visione di business.
Rientrato a Seattle apre la sua catena “all’italiana”, battezzandola Il Giornale. Tempo pochi anni e nel 1987 rileva Starbucks, iniziando un’ascesa che oggi significa oltre 15.000 punti vendita in 50 Paesi, una crescita media del 20% all’anno e la leadership nella tostatura e nella vendita di caffè speciali. Gradimento e fedeltà sono elevatissimi: in media i clienti frequentano la “loro” caffetteria 18 volte al mese – con enorme ritorno per l’esercente.
Ma il vero ingrediente del successo di Starbucks non è tanto nella materia prima in sé, bensì nell’esperienza intorno a esso creata. Ogni caffetteria Starbucks è di fatto un mondo, in tutto il mondo. E’ bello andare da Starbucks perché trovi tante cose oltre al caffè, tanti servizi come il wi-fi e tante persone come te. I clienti sono una community, che condivide molti trend e punti di vista e si riconosce anche nei valori aziendali. E attorno a questa costruzione emotiva è cresciuto un brand di cui oggi molti cercano di replicare il successo “a tavolino”.
Ma Starbucks è la dimostrazione che il prodotto è la base, ma sono due cose a fare la differenza: una è la visione, l’altra la sua applicazione.
E su questo fronte c’è molto da imparare – o copiare! – dai consigli di Schultz.
- Arriva un’ora in anticipo agli incontri importanti. Devi padroneggiare perfettamente la presentazione che andrai a fare, provarla e riprovarla. Il giorno fissato arriva un’ora prima e ripetila mentalmente mentre cammini intorno all’edificio dell’appuntamento: prepararti fra la gente ti darà più sicurezza e calma. (Quando cercava i soldi per rilevare Starbucks, dopo molti incontri a vuoto lui fece così prima di giocarsi l’ultima chance con tre importanti investitori: e da quella presentazione uscì con 750.000 dollari!)
- In pubblico parla, non leggere! Le tue proposte possono avere audience molto diverse – dai clienti ai collaboratori, alla direzione, ai finanziatori. Puoi avere talento oratorio: ma se leggi il tuo intervento non comunicherai emotivamente. Un suo consiglio è di scriversi su un bigliettino 3 o 4 parole chiave, per non perdere il punto; e di inserire sempre delle piccole storie in cui tutti possano riconoscersi, per creare contatto e identificazione.
- Occhio ad assumere gente da aziende “burocratiche”. Con i collaboratori bisogna appunto riuscire a collaborare. Spesso chi ha precedenti esperienze in strutture rigide ha difficoltà a cambiare testa e abbracciare una causa comune. E’ importante essere consapevoli che, con se stessi, porteranno molti bagagli mentali.
- Sii onesto, sii vulnerabile. A Schultz è capitato di commuoversi fino alle lacrime davanti a suoi dipendenti: mostrarsi vulnerabili non è una debolezza ma la prova della tua sincerità e autenticità. In una crisi aziendale, convocare lo staff e ammettere le difficoltà si è rivelata la mossa giusta: se condividi i problemi, sarai più credibile quando annunci i successi.
- Sii positivo, sii ottimista. “Ho imparato che bisogna agire sicuri di vincere.” (Ogni commento è superfluo.)
- Leggi, leggi, leggi! Schultz è un lettore vorace e non si ferma ai testi “di lavoro”: se fa un viaggio legge libri sul luogo o la sua storia, se studia un nuovo mercato legge anche i romanzi utili a comprendere la società di quel Paese. Legge molto di storia. E a volte quando trova che un libro sia stato davvero stimolante, ne ordina anche centinaia di copie e le regala ai collaboratori. Perché la mente aperta tiene lontana la routine mentale: e essere ricettivi è il presupposto per cogliere le opportunità.
Da questi punti si evince il modo di Schultz di rispondere alla crisi che nel 2008 ha toccato anche i consumi (teniamo presente che la tazza di caffè più economica parte da 2 dollari) e il suo fatturato. Tutti si aspettavano due mosse: una riduzione dei prezzi, per allinearli a quelli della concorrenza; e una conseguente riduzione dei costi, per mantenere inalterato il margine. Schultz invece ha sì ridotto drasticamente i costi, ad esempio chiudendo punti vendita meno remunerativi, ma ha lavorato sui valori culturali, rilanciando la cultura aziendale fondata sulla creatività e senso di imprenditorialità di ogni dipendente. Nel concreto: da questa strategia di coinvolgimento sono nati due nuovi prodotti di successo e una nuova impostazione di negozio, basato su salute e benessere.
Ma… la Patria del caffè?
Ciclicamente si ripete il tormentone dello sbarco di Starbucks in Italia, dove tutto in fondo è iniziato. Pare che Schultz pensi che l’immagine di una caffetteria come Starbucks, che pure trae ispirazione dal modello sociale e commerciale dei caffè italiani, forse qui non funzionerebbe. “Agli Italiani non piacciono le tazze di plastica. Perché? Essi non considerano neanche la possibilità di prendere il caffè fuori dai bar, bevendoselo mentre camminano o guidano.”
Ma chissà? Il concetto di community anche fisica realizzato dal brand potrebbe forse attecchire nel target 3.0 e in città grandi, in cui mancano luoghi di socializzazione. E la scarsa diffusione italiana di accessi wi-fi, che nei punti Starbucks sono abbondanti come i caffè, potrebbe rivelarsi un punto a favore della sirena di Seattle, da sempre richiamo per milioni di navigatori.
Perché è l’esperienza intorno al prodotto a rendere unico il prodotto in sé.
I 5 “modi di essere” Starbucks:
Sii accogliente.
Sii genuino.
Sii attento.
Sii preparato.
Sii coinvolto
“Non si può creare valore di lungo termine per gli azionisti senza creare valore di lungo termine per i dipendenti e per le comunità che l’azienda serve.”
Howard Schultz