Dan Peterson: "Uniti si vince"
PRIMA PARTE DELL'INTERVISTA DI V+ AL COACH PIÙ FAMOSO DEL MONDO
Nell'immaginazione collettiva, lei è semplicemente “il coach”. È una parola utilizzata spesso, ma che significato assume dal suo punto di vista? E cosa ha significato per lei nella sua vita e nella sua carriera?
È stato un soprannome dato a me, dagli amici, al liceo, perché allenavo già. Poi, è rimasto. Ovvio, mi sento sempre un coach, anche nei discorsi di team building, nelle consulenze, nelle lezioni di basket, ai camp di basket.
Chi è il “coach” nelle vendite e nel management? Qual ruolo gioca?
La mia descrizione di un coach è duplice: (a) è esigente ma, allo stesso tempo, (b) ispira fiducia nei suoi. Il lavoro del coach è, certamente, tecnico ma, sopra ogni altra cosa, un lavoro psicologico, motivazionale.
Ricorda alcuni episodi positivi da raccontarci su questo?
Ovvio, tutti mi chiedono, tuttora, della incredibile rimonta contro l’ARIS di Salonicca nel 1986-87, perdendo per -31 in Grecia, vincendo per +34 a Milano per passare il turno. Il mio lavoro era, in parte, tecnico, ma anche di farli lavorare duro (esigente), trasmettendo calma (fiducia) allo stesso tempo.
Perché oggi è così importante costruire un team solido? È più difficile o più facile rispetto al passato e perché?
Le aziende, le ditte, i business hanno capito che si può rendere molto di più come squadra che come singoli. Basta osservare i cinesi, sia in Asia che qui in Italia: da millenni loro sanno fare squadra e si vedono i risultati.
Perché è così importante parlare di team e team-building? È un argomento che non “va mai fuori moda”?
Diciamo questo: la gente ama sentire un paragone fra lo sport e il lavoro. Riescono a identificarsi, a immedesimarsi nel discorso. Tutti noi, nel lavoro, usiamo termini sportivi. Vale anche in America, fra l’altro. Il paragone quadra e calza perfettamente. E la gente, con questo, ha in mano uno strumento (un esempio vero) che può applicare nel suo lavoro.
Qual è il nuovo trend oggi? Siamo disponibili a creare team? Ha qualche numero o statistica?
Non ho numeri recenti. Ma qualche anno fa ho sentito un discorso di un noto professore della Bocconi: Ha detto che il Paese in Europa dov’è più facile fare squadra è la Germania. Il più difficile: l’Italia. Penso, però, che questo forse valesse 20 anni fa. Oggi, l’Italia è super-disponibile a fare squadra. Anzi, ho più richieste ogni anno su questa linea.
I problemi nel business possono distruggere il gruppo aziendale: in che modo? E quali sono i segnali negativi che possono metterci in guardia?
I problemi nascono proprio quando la squadra si sfalda. Succede perché la gente si sente insicura, dopo una fusione, un cambio di AD, o qualsiasi altro tipo di situazione “nuova”. Anche un semplice trasferimento a un nuovo reparto o nuovo ufficio causa stress e incertezza. Questi sono i segnali che noto. Allora, bisogna ricompattare il gruppo.