Assenteismo in azienda: l'Italia è tra i "virtuosi" (ma mai abbassare la guardia)
AL PRIMO POSTO, I MOTIVI DI SALUTE; POI L'INSODDISFAZIONE. MA NON SI STA SOLO A CASA: SI VA IN UFFICIO E NON SI FA IL PROPRIO LAVORO
Nel racconto scritto da Italo Calvino e intitolato L'avventura di un impiegato, Enrico Gnei è la tipica "risorsa aziendale" che va in ufficio ma lascia la sua vita fuori. Lo dice: in quel luogo non può essere se stesso. Così si limita a essere qualcuno che non è occupando una scrivania e aspettando di timbrare il cartellino a fine giornata.
Il fatto è proprio questo: quando misuriamo il livello di coinvolgimento e soddisfazione dei collaboratori, dobbiamo fare i conti con l'altra faccia della medaglia. L'assenteismo può diventare un problema economico, ma i campanelli d'allarme si sentono ben prima, a volerli sentire: quando un collaboratore o dipendente, non essendo coinvolto o motivato, viene in ufficio per "scaldare la sedia", senza contribuire, in sostanza, a nessun tipo di crescita e senza dare idee nuove.
Anche questo è assenteismo.
Secondo il "Barometro sull'Assenteismo, il coinvolgimento e la motivazione dei dipendenti 2016" redatto da Ayming, l'Italia è il Paese più "virtuoso", se paragonato a Francia, Benelux, Regno Unito, Germania, Spagna e Portogallo, gli altri Stati, cioè, coinvolti nell'analisi.
Ayming ha "somministrato" via email un questionario a 500 direttori delle Risorse umane, di cui 118 italiani, e più di 3 mila dipendenti aziendali, di cui 500 in Italia.
Vediamo alcuni dei dati più interessanti.
- L’Italia emerge come il Paese con il valore più contenuto, pari al 5,49% se si confronta con il 6% della Spagna, il 6,21% del Portogallo e il 7% della Francia.
- La maggior parte dei direttori HR a livello europeo afferma di misurare il tasso di assenteismo nella propria azienda, in Italia è il 74% a calcolarlo, l’84% in Francia e l’82% in Portogallo.
- Ma: non c'è uno strumento di misurazione comune; ogni azienda calcola l'assenteismo secondo parametri propri.
- Quasi il 100% del campione di aziende italiane intervistate considera parte del fenomeno, oltre alle assenze ingiustificate, anche quelle per malattia personale/professionale, incidenti sul lavoro/infortunio e congedo maternità/paternità. L'assenza del collaboratore, a prescindere dalla motivazione, viene percepita e valutata dall’azienda in modo negativo.
- Nelle aziende più piccole il fenomeno si combatte meglio: il concetto del “se il mio lavoro non lo faccio io, non lo può fare nessun altro” appare come uno dei principali freni all’assenza delle persone, seppur per giustificata causa. Inoltre, probabilmente, il dipendente di una piccola realtà, a prescindere dal suo ruolo in azienda, si sente anche più responsabile dei “risultati” della propria organizzazione, perché più coinvolto.
- Il 56% dei manager italiani Risorse umane aggiunge che nel 2015 il tasso di assenteismo è risultato stabile rispetto al 2014; il 28% che è diminuito; solo il 27% registra una crescita. In Francia, ad esempio, il 49% degli intervistati dichiara che l'assenteismo è aumentato nell'ultimo anno, per il 24% è diminuito, per il 27% è stabile.
- Alla domanda “Avete messo in atto qualche iniziativa per ridurre l’assenteismo?” il 49,4% dei direttori HR italiani intervistati ha risposto negativamente, il 24,1% ha agito nell’anno in corso e il 26,3% esprime la volontà di agire nel futuro.
- Quali sono le iniziative principali adottate dai manager? Formazione del middle management per la gestione delle assenze; utilizzo di un sistema informatico; avvio di un chiaro piano di comunicazione interna sul tema.
- Tra le aziende italiane che hanno già avviato un programma per ridurre l’assenteismo, i primi risultati sono già evidenti: il 36% ha registrato una diminuzione delle percentuali dell’assenteismo; il 23% ha registrato un maggiore coinvolgimento dei propri dipendenti; il 20 % ha ottenuto un miglioramento delle performance sociali ed economiche dell’impresa; il 14% ha registrato un aumento della collaborazione tra colleghi.
E I DIPENDENTI?
- A livello europeo il 72% degli intervistati si dichiara “sempre presente”, indipendentemente dalle assenze per congedo maternità e paternità, elemento che nella percezione dei collaboratori non rientra nel fenomeno.
- I britannici dichiarano una presenza più costante al lavoro, raggiungendo un tasso di “sempre presenti” pari all’86%, seguiti dagli olandesi con l’83%, dai tedeschi con l’80% e dagli spagnoli con il 79%. I francesi e i belgi si posizionano leggermente al di sotto della media europea, registrando il 71%.
- Solo il 41% dei dipendenti nel nostro Paese ritiene di essere stato sempre presente al lavoro nell’ultimo anno.
L'indagine di Ayming ha evidenziato come per alcuni Paesi essere assenti significa “non recarsi sul posto di lavoro”, mentre per altri significa “rimanere a casa”. Ad esempio, alcuni considerano “assenza” il frequentare un corso di formazione al di fuori della sede aziendale ufficiale, anche se la formazione è parte dell’attività lavorativa ed è organizzata dall’azienda stessa.
ASSENTEISMO: PERCHÉ?
Le condizioni di vita all’interno del contesto lavorativo rappresentano il 55% delle cause di assenza dei dipendenti a livello europeo.
- Quando ai dipendenti viene chiesto quali siano le cause della propria assenza dal luogo di lavoro, la principale motivazione citata è relativa allo stato di salute individuale e dei propri cari. Le altre motivazioni sono relative alla qualità della vita all’interno del contesto organizzativo. Se si sommano le motivazioni personali a quelle professionali, la media di lavoratori europei che si assenta per motivi di salute è pari al 45% delle assenze totali.
- I Paesi Bassi registrano una percentuale di dipendenti “soddisfatti e coinvolti” pari al 54%, seguiti dalla Germania con il 46%, dall’Italia con il 45% e dalla Spagna con il 44%. Il Belgio (38%) e la Francia (35%) si posizionano al di sotto della media europea. Gli inglesi che, come indicato in precedenza, mostrano una percentuale di dipendenti soddisfatti tra le più alte in Europa, registrano una percentuale di dipendenti “soddisfatti e coinvolti” pari solo al 23%.
- Tra i dipendenti europei che hanno dichiarato di essere “soddisfatti”, il 55% afferma di sentirsi implicato nel futuro della propria azienda mentre, tra coloro che si dichiarano “insoddisfatti” solamente il 26% si sente coinvolto nell’avvenire della propria impresa.
- A livello europeo, i principali motivi di assenza dei dipendenti soddisfatti e coinvolti sono il proprio stato di salute (25% del totale) e la situazione personale (13%). Il carico di lavoro (7%), l’insoddisfazione legata alla retribuzione (7%) o alla scarsa serenità dell’ambiente di lavoro (7%), registrano un’incidenza più limitata, contrariamente a quanto avviene per i collaboratori insoddisfatti.
- Guardando ai dati italiani, tale tendenza è confermata: se mediamente le assenze per motivi personali si assestano sul 45% si nota che per la categoria di dipendenti soddisfatti e coinvolti tale percentuale sale al 52%, e scende al 44% per la categoria degli insoddisfatti e non interessati.
COINVOLGIMENTO: COME?
- In Italia i collaboratori intervistati indicano 3 motivi principali che generano in loro soddisfazione e interesse per la propria azienda: il contenuto del proprio lavoro, secondo l’84% dei dipendenti intervistati; il riconoscimento da parte dell’azienda, secondo l’82% dei dipendenti intervistati; le relazioni umane instaurate sul posto di lavoro, secondo l’80% dei dipendenti intervistati.
- Idirettori HR individuano una serie di campanelli di allarme della minore partecipazione dei dipendenti alla vita aziendale. Il dato interessante che emerge è che l’assenza dal posto di lavoro non è tra i primi sintomi dichiarati dai collaboratori. Al contrario per i dipendenti italiani assentarsi dal posto di lavoro è al 7° posto tra i comportamenti che adotterebbero se si sentissero meno motivati sul lavoro. Al primo, al secondo e al terzo posto i dipendenti italiani rispondono:
“Sarei presente, ma farei solo lo stretto necessario”;
“Richiederei un colloquio”;
“Non esprimerei più la mia opinione/non darei più suggerimenti”.