Sonnellino, farlo sì o no? Dai presidenti Usa alla Nasa, ai falsi miti
Il 36esimo presidente degli Usa, Lyndon Johnson, è passato allo storia (anche) perché a metà pomeriggio chiudeva la porta del suo ufficio, si infilava il pigiama e faceva un pisolino di 30 minuti. All’epoca appariva bizzarro; oggi siamo sicuri, perché gli studi medici lo hanno confermato, che la pennichella è un segnale inviato esplicitamente dal cervello.
Scrive John Medina in uno dei libri più belli sull’argomento, Il cervello. Istruzioni per l’uso: “Se cerchiamo di restare svegli, come molti di noi fanno, rischiamo di passare tutto il pomeriggio a lottare contro una stanchezza attanagliante. È una lotta perché il cervello vuole davvero schiacciare un pisolino e non gli importa cosa stia facendo il suo proprietario”.
Ci sono dei falsi miti: la voglia di dormire dopo pranzo non è legata all’aver esagerato con il cibo, anche se più carboidrati, per esempio, possono contribuire ad aumentarla), e nemmeno a una notte insonne. La “sonnolenza diurna”, come viene chiamata in termini tecnici, è sintomo di una fase in cui il nostro cervello non funziona al massimo delle sue possibilità. Se lo si asseconda, poi si lavorerà meglio.
“Uno studio della Nasa ha dimostrato che un sonnellino di 26 minuti riduceva del 34 per cento nel personale di volo le perdite di consapevolezza momentanee, rispetto al gruppo che aveva riposato nel pomeriggio. Chi faceva il pisolino mostrava inoltre un miglioramento del 16 per cento nei tempi di reazione. E la loro prestazione rimaneva sugli stessi livelli per tutto il giorno, anziché calare al termine di un volo o di notte”.
Dormire bene, dunque, per pensare bene. E sia che siate delle allodole (persone mattutine), dei gufi (più produttivi la sera) o dei colibrì (una via di mezzo), ricordate che il sonno è una vera battaglia, incessante, tra due grandi eserciti, composti dai neuroni, gli ormoni e altre sostanze chimiche che da una parte ci vogliono tenere svegli, dall’altra vogliono mandarci a dormire. “Questa tensione è un aspetto normale, anzi cruciale, della nostra vita quotidiana. A volte vince un esercito, a volte l’altro”. E meno male, perché vuol dire che le cose funzionano. Ma è un equilibro delicato, e se le cose funzionano, dobbiamo ritenerci fortunati!