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Dal volume N° 45

Lo storytelling non basta più: serve lo storydoing

 

 

Alcune fonti danno il quadro dei consumatori italiani in questi primi mesi del 2017.
Censis, in una ricerca per Nestlè, li definisce “attenti, preparati e curiosi”, per quanto riguarda il settore alimentare. Non usano più solo il prezzo per scegliere, ma sono disposti a pagare di più se la produzione o gli ingredienti sono italiani e se possono avere sott’occhio i certificati di qualità. La trasparenza delle informazioni date dalle aziende è fondamentale.
Ciò nonostante, le aspettative economiche degli italiani restano molto basse: secondo GFKEurisko, siamo i più pessimisti d’Europa, quando dobbiamo consumare, e diamo ancora importanza estrema al risparmio. Il futuro non ci rassicura.
Inoltre, anche se il 20% della popolazione acquista via smartphone ogni settimana (indagine Total Retail 2017 di Pwc), per il 73% la conoscenza dei prodotti da parte degli addetti alla vendita è il primo fattore che fa decidere, e dovrebbe essere valorizzato di più, più della personalizzazione delle offerte e della possibilità di verificare subito la presenza di un prodotto online o in un altro negozio. Gli italiani sono soddisfatti del personale dei retail? Solo per il 58%. Esiste ancora un gap da colmare.
A chi o a che cosa guardano i consumatori italiani per scegliere cosa comprare? La maggiore fonte di ispirazione rimangono i siti di confronto prezzi, i siti di retailer con più marchi e i social network, questi ultimi al primo posto per i Millennial. I social servono come punto di contatto con le aziende, ed è da questa “relazione” che nascono le valutazioni dei consumatori. Ma resistono anche gli influencer, che nei prossimi sei mesi saranno coinvolti in campagne marketing e di comunicazione nell’84% dei casi, per motivare gli utenti, spingerli a commentare, a creare discussioni, a scambiare feedback e opinioni.
Poi, l’esperienza d’acquisto. Tra le risposte raccolte da Info Value per Retail Institute Italy, leggiamo che lo shopping deve diventare “un momento di scoperta e di esplorazione”, grazie a elementi in più: l’esposizione che metta in risalto freschezza e qualità, corsi per i clienti in loco (vedi quelli di cucina), postazioni di assaggio per prodotti speciali. Insomma, il punto vendita come “punto di esperienza”; i clienti, protagonisti.
Non a caso, nell’analisi che Accenture fa ogni anno dei 10 maggiori trend che trasformeranno il design dei prodotti, le organizzazioni e la società, al primo posto c’è lo “storydoing”. Non più solo “storytelling”, quindi l’azienda che racconta, ma i clienti che narrano la loro esperienza in modo spontaneo, personale e visivo, su Snapchat, Periscope, Instagram, Facebook. Al di là, dunque, di altre tendenze indiscutibilmente importanti (come l’uso di intelligenze artificiali, la realtà aumentata, tecnologie per prodotti che si gestiscono da soli, vedi auto e case), il cardine resta uno: mettere il cliente al centro dell’acquisto. Vedremo se le aziende seguiranno il consiglio.