Anatomia della crisi: cosa c'è dentro (sempre) e cosa no (o non sempre)
COSA CONTIENE UNA CRISI? QUALCHE VOLTA DELLE OPPORTUNITÀ;
DI SICURO DEI PROBLEMI – CHE VANNO RISOLTI
Siamo andati avanti parecchio a dire che la parola “crisi” in cinese (Wei Ji) sia composta da “pericolo” e “opportunità”, come a dire che dietro a ogni pericolo si nasconde sempre un’opportunità. Ora, considerando che a quanto pare le cose non stanno affatto così (e che in cinese “crisi” non significhi “opportunità”), siamo caduti in una versione occidentale “economico-romantica” liberamente ispirata a un’altra lingua.
Tuttavia il punto resta: qual è il significato che si vuole dare a questa affermazione? E quali sarebbero le condizioni da innescare, affinché un “pericolo” si trasformi in un’“opportunità”, quanto meno presunta? Soprattutto se abbiamo un’azienda…
LA CRISI NEL “PICCOLO”…
Nelle vendite per “pericolo” si può intendere una condizione insostenibile, o non più sostenibile del cliente, che genera addirittura due diverse opportunità:
• la prima per quel venditore in grado di offrire alternative valide;
• l’altra per il cliente che può uscire dal suo stato di chiara e pericolosa insoddisfazione, accettando la proposta del venditore, laddove si riveli propizia.
Questa seconda condizione sembrerebbe affermare la veridicità della tesi estrapolata dal cinese, anche se si tratta di una “crisi” relativa al percepito o percepibile dal cliente e influenzabile e/o influenzata direttamente dal venditore. Una condizione, quindi, ben confinata all’interno della realtà delle due figure coinvolte.
... E “NEL GRANDE”
Ci chiediamo allora: il ragionamento rimane valido, anche quando il contesto è allargato a un numero più alto di persone? Una crisi di livello internazionale, come ad esempio quella innescata dalla pandemia o dal rincaro delle materie prime, può comunque essere vista come un pericolo trasformabile in un’opportunità? A una prima analisi il pericolo è senz’altro evidente; non c’è, infatti, bisogno di disamine scientifiche, per capire che se l’attuale condizione socioeconomica dovesse persistere ulteriormente, si innescherebbero delle condizioni insostenibili a molti livelli della società.
Al contrario, non è altrettanto evidente la condizione di opportunità, se intesa in senso generale e diffuso. In altre parole: il pericolo è certo, l’opportunità non lo è affatto, o per lo meno, non lo è per tutti: se analizziamo la situazione dal punto di vista del venditore o di un’impresa, dov’è l’opportunità in mercati che si stanno impoverendo? Dove si può nascondere l’opportunità, in una situazione in cui le aziende sono costrette a ricorrere a importanti tagli di budget, se non addirittura a chiudere i battenti?
Se la condizione di “crisi” fosse limitata a un mercato specifico, l’opportunità potrebbe essere vista come uno stimolo al mercato per individuare nuove soluzioni, rinnovando, innovando e migliorando prodotti, distribuzione, produzione e prezzi, generando nuove opportunità di guadagno sia per i clienti che per i venditori; ma se questa condizione è diffusa su tutti i mercati, diventa tutto molto più complicato.
NON SI PUÒ ESSERE TROPPO… POSITIVI
Paradossalmente, il pericolo vero della crisi potrebbe derivare da una visione eccessivamente ottimistica nell’affrontare le difficoltà, visione che spinge a sottovalutare l’impegno necessario a superare la crisi stessa.
Raccontare e raccontarsi che le “crisi” non vanno prese troppo sul serio, perché tanto dietro a ogni problema si nasconde un’opportunità, genera comportamenti attendisti.
Ammesso e non concesso che tali opportunità esistano, di sicuro non si manifestano spontaneamente; è compito quindi delle persone coinvolte cercare e trovare tutte le possibili opportunità.
PRIMA DELLA SOLUZIONE, C’È IL PROBLEMA!
Si tratta, quindi, di un lavoro di problem solving che, come tale, richiede un approccio rispettoso di alcune dinamiche ben precise: prima su tutte, l’individuazione certa, precisa e specifica del problema/pericolo.
Il più delle volte la mancata individuazione della opportunità/soluzione è da imputarsi alla mancata identificazione del pericolo/problema. Questo fa sì che non ci si attivi o che, se ci si attiva, si individuano soluzioni/opportunità per pericoli/problemi che non esistono ancora, e che magari, non esisteranno mai!
Voglio dire, se ti trovi sul Titanic appena entrato in collisione con l’iceberg, qual è il vero problema? Il fatto che sulla rotta della nave si sia trovato un iceberg o piuttosto che la nave stia affondando?
Sicuramente la seconda condizione costituisce il pericolo/problema più rilevante. Avviare un’indagine in quello specifico momento per individuare cause e responsabilità sul perché la nave abbia colliso l’iceberg, non appare come un’opportunità/soluzione, quanto come un aggravarsi del pericolo/problema: mentre si dedica tempo a questa attività, la nave affonda…
COSA NE DEDUCIAMO?
1. Quando la crisi non è confinata a un contesto ristretto, a poche persone e a poche condizioni, l’individuazione certa e specifica del pericolo reale è la sola azione che può consentire di individuare le opportunità che ne derivano.
2. Non basta individuare le opportunità per goderne il beneficio: si deve elaborare e attivare una strategia finalizzata a sfruttare il nuovo contesto.
3. L’opportunità è, quindi, quella condizione di cui si può godere solo a seguito dell’applicazione di un piano specifico finalizzato alla soluzione di un problema altrettanto certo e specifico.
Insomma non basta ci sia una crisi perché ci siano delle opportunità. Pericolo non è affatto sinonimo di opportunità: al contrario, il pericolo persisterà o addirittura crescerà, se non ci si attiva tempestivamente ed efficacemente alla ricerca di tutte le possibili soluzioni che chiamiamo opportunità.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 73 di V+: scaricalo (gratis!) qui