Clienti, non ti devono corteggiare
Quando si parla di CX (di Customer Experience), spesso si cita la definizione che in un seminario del 2014 a Detroit ne diede Steve Cannon, all’epoca a capo della Mercedes Benz Usa. La chiamò “il nuovo marketing”. Cannon viene considerato l’uomo che ha ribaltato le strategie della blasonata casa automobilistica tedesca, orientandola a dedicare al cliente la stessa maniacale cura con cui veniva concepito e realizzato il prodotto. Quale fosse, prima del suo avvento, l’atmosfera nelle concessionarie Mercedes lo sintetizzò benissimo uno dei commenti raccolti nel corso di un sondaggio fra i clienti: “Avevo l’impressione di dover ringraziare per aver avuto il permesso di acquistare il loro prodotto”. Non capiterà spesso, ma credo che sia una sensazione che ciascuno di noi, girando per negozi, ha già provato.
I CLIENTI NON SONO TUTTI UGUALI
Il marketing ha varie declinazioni, ma tutte riconducibili a quella che è la sua precipua finalità: conquistare nuovi clienti e fidelizzare gli esistenti. E se, per dirla con Cannon, la Customer Experience è il nuovo marketing, occorre avere ben presenti certi concetti su cui le azioni di marketing si fondano. Per cominciare, i clienti non sono tutti uguali. Eppure, molte aziende li pensano e li trattano come un’entità monolitica cui fare offerte e da cui ricevere ordini e denaro in cambio di beni e servizi. È una visione prodotto-centrica che finisce spesso per sfociare in quegli atteggiamenti che Cannon si è battuto per sradicare in Mercedes (del tipo: “Se vuoi il massimo, ti tocca comprare da me, non troverai di meglio da nessun’altra parte”). Non sono i clienti a dover corteggiare le aziende, piuttosto è l’esatto contrario.
Anche nella misura in cui li si fa sentire unici e importanti, i clienti maturano la loro affezione verso un brand o un venditore. Unico significa riconosciuto, non confuso nella massa. Già questo impone un cambiamento di paradigma: i clienti, laddove è possibile, dobbiamo conoscerli per nome. Il cliente non è una generalità, è una persona specifica, con le sue necessità e le sue paure. E soprattutto con le sue aspettative. Individuarle, memorizzarle, soddisfarle, eccederle è il compito di ogni azienda ed è garanzia di espansione della base di clienti fedeli che ci scelgono e ci privilegiano.
LE “PERSONAS” E COME CREARLE
Alcuni business, soprattutto nel mondo del B2B, vivono su una limitata base di clienti che costituiscono gran parte dei ricavi. In questi casi è doveroso conoscere davvero per nome ciascuno di loro, ma in molti altri naturalmente è impossibile: immaginiamo un’attività al consumo, un pubblico esercizio, un e-commerce. Diventa allora indispensabile profilare e segmentare il parco clienti utilizzando alcuni metodi che proprio il marketing mette a disposizione. Si tratta cioè di creare quelle che nel gergo degli addetti ai lavori si chiamano “personas”.
Cosa sono? Archetipi, o se preferite prototipi, ciascuno dei quali rappresenta un gruppo di clienti con caratteristiche similari. La creazione di “clienti fittizi” permette di avvicinarsi alla mentalità dei clienti reali, facilitando l’immedesimazione e la comprensione delle loro effettive esigenze.
Attenzione però, dobbiamo rendere queste specie di avatar, che incarnano gruppi di clienti tipo, quanto mai realistici. Quindi con una loro carta d’identità, con una peculiare personalità, con interessi, hobby e obiettivi ben definiti e dettagliati.
Come creare le nostre “personas”?
•Innanzitutto, fatti tante domande, partendo da una suddivisione in categorie in cui incasellarli. Nei panni del titolare di un ristorante segmenterei magari i clienti per tipologia: famiglie, coppie, comitive di amici, business…
•Dopodiché per ciascuna di queste rifletterei sulle ragioni più plausibili che le hanno portate nel mio locale. Cosa cercavano? L’hanno trovato e l’hanno apprezzato?
•Quindi mi domanderei cos’altro potrebbe farle davvero entusiasmare e ancora cosa potrebbe servire per ovviare eventuali inconvenienti riscontrati (per le famiglie che hanno bambini la presenza di un fasciatoio o di un’area giochi ad esempio può già essere una discriminante).
•Subito dopo, proverei a inquadrare i componenti per età anagrafica, provenienza, estrazione sociale, abitudini e preferenze, capacità di spesa, problemi che affrontano.
•E poi? Poi, non appena si stabilisce un minimo clima di familiarità, verificherei le mie intuizioni direttamente alla fonte, parlando con loro, i clienti. Se non c’è curiosità, non c’è nemmeno attenzione.
E NEL B2B?
Mi si dirà: un conto è gestire un ristorante, un altro è commercializzare barre d’acciaio. Ok, forse sarà meno romantico, ma la profilazione dei clienti e la creazione di archetipi funzionali per una comunicazione più mirata e offerte su misura, porta dei vantaggi anche nel B2B. Devi solo farti domande diverse, ad esempio a che segmento appartiene il tuo interlocutore? È un imprenditore? Oppure un impiegato dell’ufficio acquisiti? Per lui cos’è importante? Come viene misurato il suo lavoro? In che cosa deve ottenere risultati? Sapere tutto questo ti offre delle opportunità non banali.
RICORDA!
• L'utilizzo di “personas” ben definite e la costruzione di una comunicazione mirata aumenta l'open rate delle email tra le due e le cinque volte.
•MarketingSherpa, primaria società che costantemente documenta le nuove tendenze del marketing, ci dice che il numero di contatti generati da pagine web costruite sulla base di “personas” è aumentato del 97%.
• Altri studi rivelano che i contatti generati da campagne basate su “personas” accorciano di molto il tempo di conversione in acquisto. Chiudi prima e ti dedichi prima a nuovi clienti.
• Le campagne rivolte a un target preciso hanno un’efficacia doppia rispetto a quelle generiche. Questo si traduce in denaro, migliori sensibilmente il ROI dei soldi che investi in pubblicità e fatturi di più…
E TU, SEI PRONTO?
Profilare, segmentare, creare archetipi, fare sondaggi, raccogliere e analizzare dati statistiche sono pratiche ormai necessarie per sviluppare qualsiasi business. Non mancano poi sofisticate soluzioni tecnologiche a supporto dei progetti di Customer Experience. Quella della CX però è una sfida che va raccolta soltanto quando un’organizzazione è matura. E come si fa a capirlo? È semplice, quando dalla prima all’ultima persona presente nell’organizzazione il mindset è “Customer is the king!”.
L’esperienza mi ha insegnato che tutti coloro che ottengono risultati fuori dal comune hanno questa idea in testa: considerano una sconfitta sia la perdita sia l’insoddisfazione anche di un solo cliente, lavorano ogni giorno per comprendere e superare ogni aspettativa, per offrire nuove facilitazioni di servizio e per mantenere le promesse fatte, anche se ciò dovesse comportare un sacrificio economico. Chi pensa così diventa grande e le statistiche ci dimostrano che il moltiplicatore del valore è esponenziale.
La Customer Experience è un affare di gruppo, tutti in azienda debbono essere contagiati.
Steve Cannon, come scoprì che il 70% dei dipendenti delle concessionarie non aveva mai guidato una Mercedes, varò un programma per mettere in strada 750 auto a loro favore. Costò 4 miliardi di dollari. Ma Cannon era consapevole che non puoi far vivere esperienze fantastiche ai clienti senza il coinvolgimento della forza vendita.
Se hai un’azienda, fissa sul cliente la stella polare tua e di tutti i tuoi collaboratori, non essere tollerante di fronte ad atteggiamenti negativi. Solo così riuscirai a creare un’azienda centrata sul cliente e i tuoi risultati non avranno limiti. In questo percorso non dimenticare ciò che ci insegna Richard Branson, davvero un big della leadership nel mondo: il primo passo è prenderti cura dei tuoi collaboratori, mettere loro al centro, perché le buone abitudini non si insegnano a parole, ma con l’esempio. Se tu ti prendi cura di loro, loro si prenderanno cura dei vostri clienti.
E POI? E POI TOUCH POINT!
Ok, ho fatto tutto, il cliente è al centro e ho chiare tutte le “personas”. E ora? E ora è il momento dell’esperienza. La Customer Experience considera l’interezza delle percezioni che avverte il tuo cliente, dal primo all’ultimo momento in cui interagite e poi ancora nel tempo in cui vi limitate a comunicare per tenere vivo il rapporto. È un sistema complesso, come tale va gestito. Visto nella sua interezza può risultare più o meno soddisfacente, ma se ci si ferma a uno sguardo d’insieme non può davvero essere migliorato efficacemente.Per questo motivo è necessaria una scomposizione, con un’analisi che andrà a prendere in esame ogni “touch point”, ossia tutti i singoli punti in cui fra azienda e cliente c’è stato un contatto.
Per capirci, tiriamo ancora in ballo un ristorante. Quali sono i punti di contatto da analizzare? In realtà non vi è limite in questo, si potrebbe arrivare a quando il cliente utilizza i servizi igienici (fase da non sottovalutare, soprattutto per le signore) o a quando prende in mano il menù. Ma qui semplifichiamo e identifichiamo i classici sei “touch points” principali, in stretto ordine cronologico: 1) La ricerca, 2) La prenotazione, 3) L’arrivo, 4) La consumazione, 5) Il pagamento del conto, 6) L’andare via.
Per ciascuno di questi io devo prendere singolarmente i miei archetipi e confrontare:
•la semplicità con cui può svolgere quell’azione (ad esempio se mi trova facilmente su Google, in quanti passaggi riesce a prenotare un tavolo, se rispondo sempre al telefono e se chiamarmi è semplice, se il parcheggio è disponibile, se i tempi del servizio sono corretti per il suo comfort, così come le luci e la musica, se al momento del conto le operazioni si svolgono con rapidità e con qualsiasi sistema di pagamento…);
•l’efficacia di quell’azione in relazione ai desideri del cliente (ad esempio un’atmosfera curata e romantica può essere ciò che cerca nella fase di consumazione una coppia che vuole una serata speciale, ed è un vantaggio ulteriore rispetto al prodotto);
•le eventuali difficoltà che lui può avere e quali sistemi posso attuare io per alleviarla (vedi l’esempio di prima del fasciatoio, o dell’area giochi, o per la coppia di prima un upgrade di servizio che fa trovare al tavolo anche i fiori per lei o un regalo per lui).
PER FINIRE: TRE REGOLE BASE
1. Devi lavorare su questi aspetti costantemente, perché il miglioramento è un processo continuo, così come la ricerca dell’eccellenza e non uno status definito in cui fermarsi.
2. Più persone coinvolgi nella tua azienda in questa attività, più l’effetto sarà dirompente.
3. Non basarti solo sulle tue supposizioni ma sonda costantemente il terreno dei tuoi clienti, attraverso domande, piccoli focus group con cui interagire, relazioni dirette. Questi sono gli strumenti di base della Customer Experience che, da soli, possono già far crescere i tuoi affari velocemente.