Non ho l'età (e invece sì)
Quanti anni ha la vendita?
Innumerevoli.
Va detto, però, che è dal boom economico degli anni ’50 che abbiamo fatto davvero amicizia con tecniche e metodi. La formazione in tema di vendita nasce in quel periodo pionieristico di produzione industriale. Prima il venditore era una figura più oscura, rara, peculiare; da quel periodo in poi viene sdoganata. Il venditore diventa un lavoratore come altri, con caratteristiche distinte, bisognoso di supporti tecnici, morali e psichici, ma in fin dei conti con un ruolo importante e riconosciuto dalla società.
Quindi i primi venditori moderni, per come li conosciamo, hanno circa settant’anni. Dopo di loro, arrivano le schiere dei venditori d’assalto prodotte da un mondo in ebollizione. Pieni di convinzioni e pensieri positivi, più pacati e avvezzi a compratori “scafati” e preparati.
Insomma una parabola.
Mi chiedo se l’età incida sulla capacità di vendere. Gli anni che passano condizionano le performance fisiche in questo come in altri campi. Ma non è ciò che mi interessa. Mi interessa capire se cambia la motivazione. Se le batoste e i successi mutano le capacità. Alcuni studi dimostrano che, avanzando l’età, la motivazione non diminuisce,
ma viene stimolata da fattori diversi. Anziché la carriera o il denaro, è piuttosto “l’immersione” che dà la spinta a dare il massimo. Più invecchi, più sostituisci i valori, eppure l’azione resta immutata.
Sembra quasi l’uovo di Colombo per un mestiere in profonda trasformazione e di cui è difficile trovare il nuovo significato.
“Immergersi” per me significa trovare un significato importante a ciò che fai. Unire la tua vita personale a quella professionale in un tutt’uno che abbia un senso ecologico per te e per chi ti sta attorno.
In tutta questa fusione il buono è che ti tocca finalmente essere “uno”. Per chi vende “essere uno” significa riconoscere che, se fai bene il tuo mestiere, tutti ci guadagnano, perché il tuo cliente potresti essere tu.
Sembra facile ma non è così normale. Di solito il gioco di mercato è a somma zero: se guadagno io, perdi tu e viceversa. “Essere uno”, invece, vuol dire che per te vivere è anche vendere e viceversa.
In natura non avviene: non esiste un animale che vende in senso stretto. È un gioco che abbiamo inventato e perfezionato noi umani, ma che ha funzionato egregiamente per evitare di confliggere e per migliorare la qualità materiale della vita. Insomma, “essere uno”, in questo caso, è un artificio utile per rimanere competitivi e vitali
nella società.
Se sei già avanti con gli anni, per mantenere alto il tuo livello di “ buona volontà”,
non devi fare altro che essere sempre più te stesso e mischiarti con il tuo lavoro.
Diventa invece insopportabile per chi quel lavoro non lo ha scelto ma se lo è visto imporre. Questo è il vero problema. Non l’età. Questo è il vero problema a tutte le età. Il vero problema sono le mezze verità che ci diciamo e i modi in cui prendiamo decisioni senza esserne convinti.
Mentre vado avanti con gli anni, dovrò farmi un esame di coscienza e chiedermi se sono sulla strada giusta per mantenermi capace. E dopo che mi sono risposto di sì, non guarderò troppo indietro, come diceva Bob Dylan.
Se invece mi accorgerò che sto sbagliando, sarà meglio trovare un piano B. Meglio tardi che mai, niente è peggio per sé e per gli altri di un vecchio senza voglia di futuro. In questo tipo di mondo, ma penso in tutti i tipi di mondo.