Pillole


Valeria Tonella Valeria Tonella

Il perfezionismo è un crimine contro l'umanità

Due cose possono danneggiare qualsiasi lavoro, e in modo particolare un lavoro creativo: la prima è accontentarsi subito di un risultato mediocre, rinunciando a migliorarlo. La seconda è non accontentarsi mai ed è, paradossalmente, più grave: significa, alla fin fine, rinunciare del tutto a produrre, perché niente sembrerà mai buono abbastanza”.
Lo scrive Annamaria Testa nel suo sito/blog Nuovoeutile.it.


La psicologia lo definisce un atteggiamento “disadattivo”, che è anche sinonimo di “disfunzionale”.
Secondo una ricerca pubblicata dall’ American Psychological Association, ci sono tre tipi di perfezionismo: autoriferito (quando abbiamo il desiderio costante di essere perfetti); imposto (quando ci sentiamo esposti alle troppe aspettative degli altri); eteroriferito (quando assegniamo ad altri standard di perfezione eccessivi).

I dati dicono che quello è che si è diffuso di più, negli ultimi anni, è il terzo tipo: soprattutto nel lavoro, ma anche nelle relazioni, chiediamo alle persone che abbiamo a fianco di essere perfette. Cosa vuol dire? Chiediamo loro non solo di non accontentarsi mai, e quindi di continuare a inseguire un obiettivo/risultato/modo di essere, ma anche di scegliere dei modelli che vadano bene a noi, prima di tutto.

Distorciamo, così, qualsiasi forma positiva di collaborazione e vita comune: in un progetto di gruppo, non faremo emergere le capacità di ognuno, ma vorremo che tutti si adattino ai nostri pensieri, con risultati catastrofici sulla creatività; in amore o in amicizia, chiederemo (a volte direttamente, a volte inconsciamente) che l’altro sia una versione specchiata di noi stessi, sia un altro “noi”, uccidendo così il dialogo, lo scambio di opinioni… la sincerità.


Perché ve ne parlo? Perché è facile (tra virgolette) parlare di motivazione, team building, networking… ma il presupposto deve essere uno: se “il perfezionismo è un crimine contro l’umanità” (Psichological Today), lo deve essere anche quando giudichiamo gli altri e il loro operato. Quando assumiamo un nuovo candidato. Quando facciamo i manager. Quando il collega ci chiede una mano. Non scadere nel “perfezionismo disfunzionale” (“Questa cosa la faccio bene solo io”) vuol dire imparare a delegare, a fidarsi, a collaborare. È il nostro Eden, l’inizio di ogni nostra storia, di ogni lavoro.