Vendita, accordo o compromesso?
C'è una storia, nella cultura araba.
“Si racconta di un mercante che morendo lasciò i suoi beni ai tre figli maschi. La principale ric-chezza dell’uomo consisteva nei suoi cammelli. Il testamento dell’uomo prevedeva che i cammelli dovessero essere divisi tra i tre figli a seconda della loro anzianità: al primogenito spettava 1/2 dei cammelli, al secondo 1/3 e al terzo 1/9, inoltre, in nessun modo la mandria avrebbe do-vuto essere separata né tanto meno gli animali uccisi. I figli scesero quindi nel caravanserraglio per vedere i cammelli che il padre aveva lasciato loro, scoprendo 17 splendide creature. Ben pre-sto si resero però conto che 17 è un numero pri-mo. Come è noto, i numeri primi sono numeri
naturali maggiori di 1 divisibili solo per se stessi o per 1. Diventava quindi impossibile dividere i cammelli secondo il criterio dettato dal padre, 1/2, 1/3, 1/9. Come fare quindi non potendo separare gli animali né tanto meno ucciderli? Dopo diverse ore di discussione, passò di lì una vecchietta che portava con sé il suo cammello. Sentendoli discutere, l’anziana donna non poté fare a meno di intervenire proponendo la sua soluzione: propose ai tre fratelli di aggiungere al gruppo dei loro 17 cammelli anche il suo, facendoli così diventare 18. I fratel-li non compresero immediatamente, tuttavia, non appena il primogenito rifece i calcoli considerando il diciottesimo cammello, si accorse della differenza: 1/2 di 18 = 9, 1/3 di 18 = 6, 1/9 di 18 = 2. Ma la somma 9+6+2 dava 17! Ognuno riuscì quindi a prendersi i suoi cammelli restituendo il diciottesimo all’anziana signora, che riprese il suo cammino”.
La mia innata curiosità mi ha condotto a verificare l’origine di questa storia, e i primi riferimenti risalgono addirittura al Papiro di Rhind del 1650 a.C.!
Qual è la nota estremamente saggia che introduce questa storia? Talvolta, per raggiungere l’obiettivo della negoziazione perfetta, occorre inserire degli elementi esterni. Per farlo, bisogna avere una dimensione di spirito e una visione d’insieme che l’essere umano, naturalmente ego-centrato ed egoista, non possiede. Si possono comunque possedere alcune caratteristiche che, se adeguatamente sviluppate e allenate, portano a ottenere questo “stato di grazia del negoziatore”. Una condizione all’interno della quale riusciamo a vedere il campo d’azione da una prospettiva così ampia da poter abbracciare tutti i possibili contributi (cammelli, appunto) che ci portano a una delle possibili soluzioni, equamente soddisfacenti per le parti in causa, evitando così conflitti e scontri.
Attenzione, comunque, a non commettere l’errore che sovente vedo nei corsi di formazione (non questa volta): confondere completamente la negoziazione con la vendita. Succede, infatti, che da parte di formatori che parlano di vendita senza secondo me aver mai venduto niente in vita loro, venga chiamato in causa il quarto assioma della comunicazione, ovvero “gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”. Mischiato ulteriormente con l’analisi transazionale di Eric Berne, dà come risultato la credo ormai famosa frase: “la vendita si conclude quando cliente e venditore hanno un reciproco vantaggio, win-win al 50%”. Chiunque abbia venduto qualcosa in vita sua, sa benissimo che la vendita si conclude quando il cliente percepisce nettamente di aver vinto, altro che pareggio! A tutti piace concludere buoni affari, compreso ai nostri clienti. Altro discorso sono la mediazione e la negoziazione, dove il ruolo del negoziatore è proprio quello di far raggiungere un accordo. La vendita non è un accordo, è un compromesso.