Il mondo cambia: noi sì, no, forse. Sulla pandemia e le rivoluzioni personali
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In questo numero e su questa copertina parliamo del cambiamento innescato dalla pandemia del 2020: necessario, sorprendente, inevitabile, in atto. Ma una parte di me è perplessa: è davvero in atto? Perché TUTTI dicono – razionalmente, serenamente, “ovviamente” – che il lockdown ci ha cambiati e siamo solo all’inizio. Ma poi ritrovo i difetti di sempre e mi chiedo se questo furore sia momentaneo o di facciata, o si limiti a investire in tecnologia (per carità: andava fatto), ma sui contenuti e soprattutto sui comportamenti non si faccia poi granché.
Lo dico sia a livello individuale che di sistema: così come mi pare abbiamo già smesso di fare bene le file al supermercato, intravedo aziende che usano la crisi per strangolarti – e al campanello ha appena suonato l’ennesimo finto incaricato della luce che chiede di tuoi contratti “per una verifica statale”… (ora dico una cosa orribile: uno degli aspetti che noi “orsi” abbiamo apprezzato nel lockdown è che almeno questi trucchetti della vecchia vendita erano andati in modalità “pausa”, anche al telefono direi).
Dal nostro osservatorio abbiamo visto un buon dibattito finché chiusi in casa, e un interesse al miglioramento personale e professionale che ho interpretato come una sfida e un investimento; poi, riecco tutti a parlare di fee e mandati tal quale a prima, senza neanche sapere a cosa e a chi serva il prodotto – e senza apparente traccia dei discorsi di nuove strategie e nuova visione fatti (o perorati) in ennemila post e webinar.
Riecco chi dovrebbe formarsi proporsi come “nuovo” formatore, e chi dovrebbe affidarsi a consulenti proporsi come tale (preferibilmente nell’offrire comunicazione alle aziende, tanto un cugino grafico e una figlia che vorrebbe scrivere ci sono sempre – come sempre!).
Insomma: gli italiani gnà fanno a non fare gli italiani…
Eppure questo è forse il nostro dopoguerra. Quello che hanno vissuto i nostri nonni e padri, intendiamoci, è stato diverso: ma la reazione, l’urgenza di rinascita avvertita, all’epoca fu corale, indiscussa, condivisa.
Ricordo un piccolo libro intitolato Il mio granello di sabbia: ecco, senza sapere nulla delle storie di business come quella della cattedrale di Citroen, mio papà mi diceva che dopo il 25 aprile, adolescente coi calzoni ancora corti, aveva indossato i pantaloni lunghi di suo padre fucilato dai nazisti per andare a occupare il suo posto in fabbrica (letteralmente: la fabbrica in cui era operaio il sindacalista nonno Antonio gli offrì un posto da tornitore, altro che l’empatia insegnata in aula, l’umanità è altro). Oggi una storia così avrebbe spazio mediatico per la sua eccezionalità: allora fu un gesto semplice.
Ecco, io credo che è di gesti semplici che avremmo bisogno oggi per salvare il mondo.
Tieni la mascherina sulla bocca, sorridi davvero con gli occhi e ascolta con le orecchie bene aperte. Rispetta fornitori e collaboratori: se li strozzi, sarà a te a mancare l’aria. Non tornare a fare il furbo, specialmente con i tuoi clienti: come ci hanno detto tutti i manager intervistati per questo numero, i clienti sono MOLTO più avanti di molte aziende (e non tornano indietro).
Sii curioso. Sii attento. Sii pronto.
Il cambiamento vero sta tutto in ciò che facciamo davvero.