Sarà divertente
La prossima tappa si chiama “co-creazione” e non è un gioco da ragazzi.
Vendere diventa sempre più un mestiere da professionisti, cioè gente che sa cosa vuole, prepara strategie e tattiche e le persegue.
Co-creare significa fare un passo avanti rispetto alla vendita classica che prevede come base di partenza due bilanci separati: quello di chi vende è quello di chi compra. Prevede di dimenticare il tema del prodotto o servizio e abbracciare solo il concetto di “creazione del valore”, che diventa l’ossessione comune. Come dire, non si vende più, ma si aiuta il cliente a risolvere problemi di business o della sua vita personale. Non ti vendo più auto o manutenzioni, ma “mobilità” in senso lato. Non ti vendo più medicinali o check-up, ma “salute” in senso ampio.
Per fare questo, devo essere vicino al cliente, parlare e vivere con lui o lei, provare le sue ansie e paure, i suoi momenti di soddisfazione e felicità, e disegnare con lui o lei la soluzione che comprerà. Un compito nuovo molto complesso, che risponde alle sfide della società, a sua volta sempre più complessa. Da questo punto di vista il lavoro di chi vende diventa pluridisciplinare, lungo, costoso, ma sembra non esserci alternativa, e l’unico sollievo arriva dalla tecnologia che permette la raccolta e l’uso intelligente dei “big data”: enormi quantità di informazioni che possono aiutarci a gestire con più facilità tutti i dati e a tenere il polso della situazione e del cliente senza farci scappare nulla.
Generare soluzioni vaste, più grandi del prodotto o servizio che vendiamo, è un mestiere nuovo. Probabilmente alcuni venditori alzeranno bandiera bianca e rimarranno a fare il loro antico mestiere, e per un po’ non avranno ripercussioni.
Ma, se pensate a come e cosa acquistiamo noi stessi, noterete che ci sono soprattutto due tipi di beni: quelli a bassa marginalità, e qui ci arrangiamo noi consumatori ad adattarci al prodotto; e quelli ad alta marginalità.
Soluzioni complesse, larghe, che prevedono uno studio delle nostre abitudini, l’osservazione dei nostri comportamenti, una indagine su cosa riteniamo buono e cosa invece meno buono.
In questo caso è il prodotto o servizio che si adatta a noi attraverso la guida di chi vende. Non c’è dubbio che questi processi costino, e abbiano anche probabilità di essere buchi nell’acqua.
Ma l’alternativa qual è?
Per non rimanere relegati nell’area low-cost del mercato, che non ha bisogno di venditori veri ma solo di figuranti, distributori automatici e piattaforme di e-commerce, si deve diventare capaci di mettere assieme informazioni esistenti, stati d’animo, osservazioni, di passarle a un team interno, elaborarle e, prendendo per mano il cliente, accompagnarlo per
tutto il tragitto.
Da questo punto di vista, la dote delle doti è la capacità di lavorare assieme ad altri. Qualità non sempre comune nel venditore vecchio stile. Lavorare con gli altri significa fare un passo indietro personalmente per poi farne uno più lungo collettivamente. Siamo pronti? Certamente le vecchie generazioni stentano ad accettare una logica di cooperazione, cresciute come sono state a pane e individualismo. Quelle giovani meno, abituate a spartire le notizie di Facebook e il panino al kebab.
Sempre di più la strada appare segnata. Chi fa da sé sembra fare, ma guadagna anche poco.
Chi fa insieme spartisce, ma spartisce una fetta più grande.
Di questo passo chiuderemo in pochi anni lo stereotipo del venditore egoista e avvoltoio e dovremo dipingere qualcosa di più simile a un allenatore alla Dan Peterson.
Sarà divertente.