Mestiere della Supervisione


Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 36

"Se paghi con noccioline, avrai delle scimmie"

“IF YOU PAY PEANUTS, YOU GET MONKEYS” (PROVERBIO INGLESE)
UN NUOVO PARADOSSO DEL MARKETING:
C’È FAME DI IDEE, MA AFFAMA I CREATIVI.
E LA CATTIVA COMUNICAZIONE, ALLA FINE, SI PAGA

È buffo: quando si tratta di comprare una cosa non indispensabile, diciamo una ennesima cravatta o borsa, anche tanti manager di marketing applicano il principio “chi più spende, meno spende”. Poi però, quando si tratta di idee, avviene una mutazione genetica, e ai professionisti della comunicazione, cioè ai “creativi” sia freelance che le agenzie, si offrono – letteralmente – noccioline. Eppure la comunicazione è indispensabile. E sono i contenuti e le idee a fare la differenza, e, spesso, a rendere grandi successi anche piccoli budget.

In passato le aziende, specie internazionali, si relazionavano con i comunicatori come consulenti, che in più erano anche fornitori. Ora, va bene la crisi che ha rimesso molto in discussione, va bene l’attenzione ai costi, va bene che i nuovi media hanno frammentato le strategie e parcellizzato le competenze… ma sembra che il rapporto fra aziende e creativi nel mondo punto zero sia spesso solo zero.
Nella mia esperienza e percezione direi che, fra le tante, ci sono due cose principali:


1.    l’ignoranza del briefing (nel senso che da molti reparti marketing anche “corposi” il concetto di briefing è sconosciuto – o non pervenuto);
2.    il mercato delle vacche (nel senso letterale).

Partirei da questo, perché, senza un accordo di fondo, al briefing neanche si arriverebbe.

E partirei con una cosetta scritta da Bill Bernbach, uno dei papà della pubblicità. (Per dire: viene dal suo lavoro quello che viene considerato forse l’annuncio pubblicitario più importante del novecento, cioè “Think small” del 1959 per il lancio del maggiolino Volkswagen degli Stati Uniti, ripreso come citazione anni dopo dalla Apple per la sua campagna “Think different”, con il vero volto di Bernbach come visual dell’annuncio).


“Noi lavoriamo nella comunicazione e abbiamo sviluppato una capacità di rivolgerci alle masse che prima era impensabile. Nessuno di noi può più vivere isolato. Non avrebbe senso. Gli avvenimenti ci raggiungono sempre più velocemente. Il mondo è progredito così velocemente che l’opinione pubblica è la sua forza più potente. E credo che in questo nuovo, complicato, dinamico mondo non saranno più il bel libro o il poema epico a formare l’opinione pubblica, ma quelli che conoscono i mass media e le tecniche per rivolgersi alle masse. Il metabolismo del mondo è cambiato. Saranno nuovi veicoli a portargli le idee. Dobbiamo allearci con le grandi idee e portarle al grande pubblico. Dobbiamo migliorare le nostre capacità nell’interesse della società. Non dobbiamo solamente credere in quello che vendiamo. Dobbiamo vendere ciò in cui crediamo”.

Scritto nel 1982. Mica male per un “fornitore di slogan”, eh?

 

I 7 PARADOSSI DEL “PEANUTS MANAGER”

1. “Questa volta fallo a un prezzo simbolico (o gratis), e te lo compenserò poi col prossimo lavoro”.
Chiedereste mai la stessa cosa a un avvocato, un medico, un idraulico? Eppure è questo che un consulente di comunicazione, specialmente se creativo (copywriter, art director) si sente spesso chiedere dai clienti, anche da quelli grandi. Succede ai freelance ma anche alle agenzie. È un approccio irrispettoso, che lascia trasparire l’insana convinzione che si tratti di competenze di serie B o di lavori “facili”, ma è anche un approccio miope dal punto di vista manageriale, perché se paghi poco o zero avrai professionisti o progetti che valgono poco o zero. (E pensate davvero che un professionista serio possa credere alla favoletta del “compenso compensativo” futuro?).

2. “Noi non paghiamo niente fino a progetto finito”.
Anche qui, chissà perché ci sono professionisti per i quali si dà per scontato un acconto o un piano di pagamenti, e altri no, mentre spesso è proprio chi lavora in comunicazione ad avere costi più rilevanti. Un esempio pratico: a un art director o grafico non basta avere un computer a manovella con un Excel “che gira”, ma deve avere modelli e software numerosi, costosi e sempre aggiornati. La prossima volta che chiederete di correggere la foto del vostro AD per una brochure “tanto, con Photoshop, checce vò?”, pensate che ci vogliono alcune migliaia di euro. Se c’è già un rapporto consolidato, potrà accadere che in certi momenti o situazioni ci si accordi per “venirsi incontro”; ma un cliente nuovo che imposti il rapporto così diciamo che non si candida a preferito dell’agenzia…

3. “Questo lavoro per noi ti darà molta visibilità, per te è un investimento!”.
Balle. Direste a un idraulico: “Mi ripari il tubo e lo farò vedere a tutti gli amici, sarà sommerso di dobloni!”. La risposta sensata sarebbe: “Intende che se faccio un buon lavoro devo regalarlo per farmi conoscere?”. Sarebbe come dire che se il vostro prodotto vale davvero, dovreste svenderlo anziché venderlo! E poi: se la premessa nota è che hanno lavorato gratis per voi, quei professionisti dovrebbero poi lavorare gratis per tutti.

4. (Dopo aver guardato le idee proposte): “Ottimo, ma non sono ancora sicuro che le useremo, lasciate i materiali così ne parlo con il mio capo/socio/nipote che ha fatto uno stage di grafica”.
Cari clienti, sappiate che ormai lo sappiamo: dopo una presentazione promozionale/gratuita, in un tempo variabile dai 15 minuti alla mezza giornata sarete attaccati al telefono a chiedere preventivi ad altri fornitori, forti di più idee che vi piacciono già e delle quotazioni per realizzarle. Così poi, quando richiameremo per sapere se allora il progetto ha chance di procedere, ci sentiremo dire di essere fuori mercato: perché sicuramente avrete trovato qualcuno disposto a realizzare le MIE idee a poco prezzo. Per questo sarebbe buona norma per dei professionisti seri non lasciare mai i progetti alle aziende dopo la presentazione, ma ammetto che è obiettivamente difficile. Il punto è: il valore delle idee è nelle idee. Riconoscendolo, si avranno grandi cose!

5. “Contratto? Perché questa formalità, non eravamo amici?”
Capita di “starsi simpatici” e anche di diventare amici, ma quando di mezzo c’è il business, ci sono troppe variabili: un cambiamento di obiettivo, un taglio di budget… Per il committente fa parte del lavoro, ma per chi è dalla parte del fornitore il rischio di avere lavorato per niente è sempre alto. Siamo sempre alla premessa: col fornitore delle penne, siglate un’offerta, con l’assistenza tecnica formalizzate un contratto; per favore fate lo stesso con chi vi fornisce idee, strategie, annunci e buoni testi. Allora sì che saremo buoni amici!

6. “Il budget è questo, punto”.
Ottimo, siete già avanti. Oggi apparentemente nessuno ha più un budget! Dopodiché, quando si tratta di comunicazione, questa affermazione è corretta solo in parte, perché il progetto strategicamente e creativamente “giusto” può essere declinato e prodotto su media diversi da quelli ipotizzati a priori, possono esserci costi maggiori di produzione (se per lo spot volete la regia di Francis Ford Coppola, una ritoccatina al budget la dovrete pur fare…) o altre “enne” cosette. Vale per qualsiasi cosa: acquistare foto più belle per i vostri post sui social o per una brochure o coinvolgere creativi più bravi per sviluppare il progetto. Siate attenti, ma siate elastici.

7. “È un momento critico, considerateci una start-up e… siate nostri partner!”.
Affermazione ormai frequentissima, che sentiamo da aziende sul mercato da decenni durante incontri in a) il ristorante di sashimi più caro di Milano b) la nuova sala riunioni con poltrone in pelle umana griffata. Per favore: no, questa no! (Grazie).

COINVOLGERE I CREATIVI: QUALITÀ CHIAMA QUALITÀ

Un tema che da sempre richiede una particolare attenzione è quello delle relazioni fra il marketing aziendale e l’agenzia di pubblicità e in particolare i suoi creativi.
Scriveva anni fa John Pepper, all’epoca responsabile centrale del marketing di Procter&Gamble (poi presidente di Walt Disney), ai responsabili di tutte le business unit:

“Ho la percezione che spesso lavoriamo con le nostre agenzie in una maniera che porta i creativi a lavorare sul copy dei nostri marchi sulla base di progetti specifici piuttosto che come un processo continuo, nel quale la loro leadership e la loro creatività sia fondamentale per il successo del brand.
Troppo spesso i creativi sono messi nella condizione di vedere il loro ruolo in termini di completare uno specifico incarico di copy piuttosto che di esercitare una leadership continua nello sviluppo del copy stesso. Questa attitudine può generare una particolare attenzione a “chiudere una vendita” con noi. In questa situazione, la misura del successo o dell’insuccesso finisce col basarsi per loro troppo sul fatto che noi si compri oppure no il progetto e molto meno su quello che poi i consumatori comprino il prodotto grazie alla pubblicità.
Penso che ci siano parecchie cose che possiamo fare nella nostra attività giornaliera per coinvolgere molto di più i nostri creativi nel progresso dei nostri brand.
Per esempio:

1.    Trasmettere ai creativi, nei nostri contatti giorno per giorno, un senso di entusiasmo positivo relativamente al brand, ai benefici che esso offre ai consumatori e all’opportunità di aumentare la sua immagine.
2.    Lavorare con i nostri manager del marketing per fare in modo che i creativi dell’agenzia partecipino allo sviluppo o, almeno, comprendano completamente la direzione strategica del brand nelle aree del marketing e del copy.
3.    Assicurarci che i creativi dell’agenzia siano consapevoli del nostro profondo apprezzamento del ruolo insostituibile che hanno nella realizzazione di quell’elemento trainante del business che è il copy della pubblicità.
4.    Assicurarci che i creativi siano tenuti al corrente dello sviluppo del business, relativo al brand, e delle implicazioni che questo progresso può avere sull’efficacia del copy pubblicitario.
5.    Soprattutto, lavorare per realizzare una situazione in cui l’agenzia eserciti una forte leadership sullo sviluppo del copy.

Perché tutto ciò possa avvenire, occorre che i nostri manager del marketing, cominciando dai più giovani e inesperti, siano consapevoli di lavorare con persone di alta qualità e profonda esperienza e rispettino, in tutte le situazioni e su tutti gli argomenti, la indubbia professionalità delle loro controparti di agenzia. Proprio per questa professionalità, l’agenzia è stata scelta dall’azienda”.