SARÀ IL CAFFÈ
QUANDO IL VENDITORE DIVENTA L’ANELLO DEBOLE DELLA CATENA
«Un caffè macchiato per favore, grazie» chiede la signora alla barista nell’unico locale del centro commerciale dove si può bere la nera bevanda.
“Dal 1906 il caffè è la nostra passione” afferma sentimentalmente la scritta sui mobili coloniali voluti da un imprenditore fantasioso, studiati da un bravo architetto, disegnati da un volenteroso grafico, costruiti da un caparbio artigiano, montando pezzi prodotti da un preoccupato operaio…
Ognuno con il suo carico di felicità e dolori, ognuno credendo che comunque ci sia qualcosa da fare per tenere la barra della propria esistenza a dritta.
Magari non è sempre la cosa più bella del mondo, e bisogna abbozzare fino a quando non migliora… ma fin qui tutti ci hanno creduto. E hanno fatto la loro parte.
Hanno dovuto fare, e affidare al prossimo anello la loro speranza.
Il loro messaggio in bottiglia.
In cambio qualcosa per realizzare i propri sogni.
Dal pane al viaggio, dalla casa al casinò.
Che poi per tutti uguale, si sa, non è.
Ma questo, per ora, è il gioco migliore che ci siamo inventati.
Hanno tutti dovuto o voluto fare come il contadino che, spezzato, ha piantato il caffè, il commerciante che lo ha trasportato, il distributore, il camionista, il magazziniere… ma quanta gente c’è dietro una tazzina di caffè macchiato servita?
«Un caffè macchiato per favore, grazie».
Una tazzina di plastica ballonzola gettata come un dado sul bel bancone dell’unico bar del centro commerciale.
«Mi perdoni, – dice gentile la signora – potrebbe per favore metterlo in una tazzina di ceramica?».
Sono lì, in bella mostra. Fanno parte della scena che qualcuno ha pensato per rendere gradevole quella sosta.
Dovrebbero essere usate per fare contenta la signora e coronare un’impresa che ha visto mille mani passarsi il testimone per finire bene: con una signora felice di bersi con calma un caffè e pagare il giusto.
«Queste sono le tazzine che ci passano, se le va bene, sennò… lo beve da un’altra parte…».
La barista ha parlato e ha chiuso la partita.
Chissà perché questa piccola cattiveria.
Chissà perché lei non ci ha creduto.
Chissà dove è diretta.
La signora la guarda un po’ triste, si caccia in gola quel caffè e se ne va mormorando un rosario di lamentele.
Fracassando la catena, il patto tacito, l’accordo che doveva chiudersi con un sorriso per tutti.
Un anello debole. Ne basta uno. E tutta la catena cede.
Sembra perdere solo la signora.
In realtà quando succedono queste cose, perdiamo tutti.
Un po’ di lavoro, un po’ di soldi, un po’ di cuore, un po’ di anima.
Sarà il momento.
Sarà il caffè.