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Maria Bietolini Maria Bietolini

Dal volume N° 67

Luciano Lucca, Assiteca: che cos'è il gene dell'imprenditorialità

 

SE NON VEDI OLTRE, NON VAI OLTRE:
V+ INTERVISTA LUCIANO LUCCA, PRESIDENTE-FONDATORE DI ASSITECA

"L'imprenditore deve sempre ragionare con visione prospettica."
Esordisce così Luciano Lucca, il broker-imprenditore a capo di ASSITECA, il più grande Gruppo italiano nella gestione dei rischi d’impresa e nel brokeraggio assicurativo.
A quasi 40 anni dalla fondazione, eccoci a parlare di valori e visione – che (spoiler!) nell’imprenditoria sono i requisiti della crescita, oggi e domani.

Quali sono i requisiti e magari anche i difetti di un buon imprenditore?
Ci sono imprenditori buoni e, va detto, cattivi: quelli che non capiscono che essere imprenditori è una missione e che l’azienda deve sopravvivere al suo fondatore.
Certo, l’imprenditore un po’ egocentrico lo deve essere… l’azienda è la propria creatura. E poi nei servizi l’impronta personale è fondamentale.
Ci sta anche che sia un po’ presuntuoso, sennò non riesce a guidare. Ma l’azienda bisogna essere capaci di portarla avanti, se si arriva al punto di pensare che “più di così non si può fare” si finisce per vendere, oppure… si finisce.
Io ho iniziato giovanissimo, vendendo polizze porta a porta. Sono diventato un piccolo socio, poi ho iniziato un percorso imprenditoriale: e nel lavoro in proprio mi hanno agevolato i valori di coerenza, credibilità e onestà, che sono fondanti per la mia cultura d’impresa e che ritengo essere stati i punti forti del successo.

Quindi per creare valore bisogna avere valori?
È la base. Di valori si parla sempre, ma io sono convinto che siano fondamentali per il successo di ogni iniziativa: i valori sono nella natura delle cose, i semi dello sviluppo. Nel mio settore la somma di valori e coraggio imprenditoriale è stata un vantaggio competitivo.

Insomma serve una visione etica ma anche pragmatica dell’imprenditorialità?
Il punto è che io non ho dato vita a una creatura bensì a un’impresa: e sto ancora lavorando allo sviluppo, guardo in là. Poi i miei figli vedranno cosa fare – ma avere una bella visione dà una bella motivazione!

Tanti però non hanno il coraggio di far avvenire le cose…
Forse più che di coraggio è proprio questione di geni: c’è il “gene” dell’imprenditore, si nasce così. Uno vuole o “deve” esprimere il suo modo di essere. E questo vale sempre: io mi sono rimesso in gioco a 65 anni, non era “naturale”: ma era il naturale compimento della mia vita.
Un tempo non davo grande valore alla parola imprenditore, ora sì.

Piccola parentesi: i suoi figli hanno ereditato il suo gene dell’imprenditorialità?
Sto cercando di capirlo, ma intanto li ho fatti affiancare anche da bravi manager!

Ecco, i manager: alcuni hanno un approccio da imprenditore, ma poi c’è il problema del rischio…
Il futuro delle aziende è in mano ai manager: ma di quelli che lavorano con un approccio imprenditoriale.

Il buon imprenditore quindi lavora “oltre sé stesso”. Però se lavora bene gli capita anche di ricevere offerte… bisogna sempre dire no?
Direi che bisogna dire sì solo in tre occasioni: quando non si ha più capacità di sviluppo, quando non è possibile un passaggio generazionale tranquillo e quando c’è un’offerta… non rifiutabile.

A proposito di sviluppo: state arrivando all’estero. … Come sta l’Italia?
Guardare all’estero è ambizioso ma doveroso. In Europa ci muoviamo in Spagna e Svizzera, un mio desiderio sarebbe aprire anche in Francia, sono realtà importanti e con forti legami di business. Poi c’è il Sudamerica.
L’Italia, ammettiamolo, è un Paese molto complicato… L’economia fa fatica e il futuro è complesso, specie in termini di indipendenza.

C’è anche il vecchio discorso della “non abitudine” all’assicurazione, della sottovalutazione del rischio – che per le aziende rappresenta una perenne spada di Damocle. Perché le PMI sono ancora poco assicurate?
Le PMI sono state subito la scelta strategica, 30 anni fa: per i grandi player “valevano” poco e poi avevano (hanno) meno cultura e struttura per gestire i problemi assicurativi, e quindi il ruolo del Broker è utile se non indispensabile. Gli imprenditori spesso sono poco manager, con una scarsa cultura della prevenzione.
Va anche detto che il mercato assicurativo non fa molto per sviluppare business. Ci sono pochi grandi player e poco interesse a portare innovazione.

La pandemia non ha portato a una diversa consapevolezza dei rischi?
Premesso che l’Italia è sempre lenta nel cambiamento, la situazione creatasi nel 2020 ha portato qualche segnale alle imprese – specie nell’area del rischio informatico.
Un esempio molto concreto: in Italia nove imprese su dieci non hanno un piano di continuità. E non si coprono sui danni indiretti – per dire coprono solo il valore delle macchine, non il loro fermo. È il mio eterno pallino: la cultura dello “io speriamo che me la cavo”. Non c’è un piano B o C, le aziende spesso rispondono: “Se succede qualcosa, saprò cosa fare.” È una posizione un po’ semplicistica, che aggiunge rischio a rischio.
In questo contesto emerge il nuovo ruolo dell’intermediario come consulente in grado di affiancare l’impresa nella gestione integrata dei rischi.

Sembra un paradosso: nel momento in cui ci sarebbe più bisogno di una relazione diretta fra consulente e impresa, prevale il remoto…
Abbiamo sofferto un po’ nell’acquisizione di nuovi clienti, ma sinceramente alcune preoccupazioni iniziali sono sparite, molti strumenti rendono facile il contatto e i clienti ci hanno sentito vicini – anzi, in qualche modo la distanza si è ridotta. La digitalizzazione è un po’ la nostra nuova frontiera e noi siamo sempre stati forti innovatori, quindi oggi lo saremo più che mai.
Gli strumenti di relazione consentono anche di offrire più servizi, più informazioni… e consentono di essere anche molto operativi. Più efficienza, più efficacia. E comunque in Italia c’è ancora molto da lavorare anche sul fronte tecnologico…
Ciò detto, quello che mi immagino nei prossimi anni è l’uomo sempre al centro, con tanti strumenti intorno. In ASSITECA c’è un fortissimo impegno nella cultura della prevenzione del rischio, i nuovi strumenti consentono anche un coinvolgimento nuovo.

In sintesi: chi è e chi sarà Luciano Lucca – assicuratore, innovatore, manager, imprenditore…?
Io sono e sarò sempre un broker assicurativo: ne ho le competenze e i valori della professione, che sono difficili da trasferire. Insomma, io mi “sento” un broker.
Poi, certo, sono anche imprenditore!