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Portare a casa il cliente, portare a casa il cliente, portare a casa il cliente

    Non ci piacciono le “etichette”, e questo post non vuole esserlo. Riprendiamo, quindi, l’articolo di Maria Elisabetta Dilillo, pubblicato su Linkedin Pulse e intitolato Il commerciale degli anni ‘80: chi è, come riconoscerlo e come stargli alla larga per due motivi:
  1. Frenetico, anche troppo: è il commerciale che non sta mai fermo, ma proprio mai. Non è mai in ufficio e, se ci sta, non ascolta gli altri, perché è “sempre di corsa”. Lavora, soprattutto, per urgenze.
  2. Portare a casa il cliente, portare a casa il cliente, portare a casa il cliente: con questo mantra, fa un preventivo dietro l’altro, non si concentra troppo sui bisogni veri del cliente, l’importante è la “firma sopra la riga”... Post vendita, follow up, assistenza al cliente sono brutte parole.
  3. Conservatore: pensa di crescere con la sola “stoffa del venditore”, si forma poco (“non ho tempo”), semplicemente non calcola la concorrenza, o solo quando “è colpa del competitor” (cioè, sempre). Internet è uno strumento con cui deve relazionarsi per forza, meglio i “vecchi sistemi”.
  4. Parla male della concorrenza: e qui, non c’è niente da aggiungere.
  5. Poco trasparente: presenta il prezzo di un prodotto maggiorato per poi dire di aver concesso uno sconto; non descrive tutti gli aspetti di un prodotto; promette consegne in tempi record rispetto alla produzione; tende a essere ripetitivo, e, dopo mezz’ora di colloquio, avrà ripetuto le stesse due o tre cose. Tutto per mandare, letteralmente, in confusione il cliente. Ecco, venditori così non ne esistono più... vero?
  6. Cerca di trasmettere questo concetto di vendita ai junior: contamina i nuovi arrivati con le sue idee, convincendoli che il suo è l’unico modo, l’unico possibile per fare vendita.
  Photo by Andrew Gaines on Unsplash