Piovono Zucchine... e critiche: il ristorante di Brindisi e l'epic fail sul terremoto
Ieri, 31 ottobre, un ristorantino vegano di Brindisi è diventato famoso sul web: si chiama "Piovono Zucchine", le proprietarie due giovani chef che, parole loro, non vogliono "fare ristorazione fine a se stessa" e che ieri hanno pubblicato sulla pagina Facebook questa immagine.
L'idea era quella di devolvere tutti i guadagni della cena di Halloween alle vittime dell'ultimo terremoto in Centro Italia.
Gli utenti che hanno capito il messaggio sono veramente pochi. La maggioranza (quasi 1.200 commenti, 800 condivisioni) si è scagliata contro le ristoratrici, prima deprecando la pubblicità poco efficace e - a detta di moltissimi - fuori luogo, poi insultando le ristoratrici stesse.
Solita storia di un qualsiasi "fail" sui social? Sembrava così, all'inizio. La cosa che ha lasciato noi e tanti altri perplessi è stata la reazione del ristorante.
Ora, è chiaro che come azienda si è portati a difendere sempre e comunque la propria comunicazione. Il problema sta in quel "sempre e comunque".
Al di là dei commenti più o meno garbati, Piovono Zucchine doveva, prima di tutto, riconoscere l'errore: il messaggio della pubblicità non era chiaro e, anzi, sembra lucrare su una disgrazia. Non era nei loro intenti? Quando, però, si usa un evento catastrofico a fini commerciali (anche se qui c'era un fine benefico, d'accordo, ma pur sempre promozionale), il rischio di sbagliare e di non essere capiti è altissimo! Non è la prima volta che Piovono Zucchine usa una comunicazione così "spinta" a livello sociale: c'è stato il caso Cucchi, c'è stato il caso del bambino siriano fotografato morto su una spiaggia dopo un naufragio di immigrati... le due ristoratrici brindisine rivendicano con orgoglio la volontà di usare la ristorazione per "smuovere le coscienze" e far parlare di cose che con la ristorazione non hanno niente a che fare (come da loro ammissione nel post seguito a quello incriminato).
Lascia perplessi il tono: borioso e da "so tutto io". Tanto che, come da ulteriore risposta a chi le ha criticate, le ristoratrici hanno deciso di lasciare online due immagini che parlano di "leggerenza e sostanza", ammiccando sia ai loro menù che al caos mediatico delle ultime ore. Solo che nella prima immagine una zucchina forma uno smile che strizza l'occhio (come proposta di pace); nella seconda la zucchina è in posizione pericolosamente verticale, a rispondere a tutti quelli che avevano loro consigliato di infilarsi le zucchine del brand su per il...
Insomma, lo staff non si preoccupa a) di chiedere scusa a chi si fosse sentito offeso (terremotati in primis); b) che rispondendo ad armi pari a chi le aveva insultate avrebbero potuto farsi male. Infatti alla minaccia "infilatevi le vostre zucchine in qualsiasi posto" (sgardata e oscena, senza dubbio) rispondono con un "fatelo anche voi" e "Ci auguriamo che questo occhiolino e questo vaffanculo siano risposte esaustive per quanti esigono risposte". Nessun post di scuse, nessuna mano tesa per ripartire e lasciarsi alle spalle questo episodio poco simpatico. Anzi.
Si capisce che sia attivo un social media manager che però non aiuta il ristorante, addirittura dicendo che non si consulta sempre con "i capi" su quello che bisogna scrive:
La parola beneficenza non compare, volutamente, lo slogan canzona il divertente rituale 'dolcetto o' interrotto da un macigno sulla testa. Come accade quando vivi la tua vita, magari ti chiedi cosa farai ad halloween e a risponderti è il soffitto. Lo slogan arriva veloce come quel macigno. La zucchina che trema, inorridita, in un giorno in cui si gioca con la paura, completa il tutto. Personalmente non ho condiviso la scelta di svelare lo scopo benefico della serata, che ovviamente non si evince e non serviva, ma io e i proprietari non siamo soliti consultarci su cosa dire e cosa non dire in situazioni tipo queste.
La posizione assunta fin dall'inizio resta immutata. Ecco alcuni dei concetti più volte ribaditi dalle ristoratrici:
- "La ristorazione è una cosa seria; non possiamo perdere tempo con queste inutili polemiche".
- "Se non avete capito il messaggio, è un problema vostro".
- "Chi ci conosce sa quello che facciamo e come lo facciamo".
- "Non chiediamo scusa".
- "La comunicazione ce la gestiamo noi".
- "Adesso siate gentili: lasciateci lavorare".
- "Noi almeno stiamo facendo qualcosa di concreto per i terremoti. E voi?"
- "Non abbiamo bisogno di pubblicità. Il nostro ristorante domani sera sarà full come sempre".
Cosa possiamo imparare da questa discussione?
- Tutti i business sono una cosa seria, ma anche i social lo sono, soprattutto se un'attività commerciale decide di farsi pubblicità su quelle piattaforme. Soprattutto su Facebook dove, lo sappiamo, ci sono praticamente tutti gli utenti di internet che potremmo mai incontrare.
- Possiamo rimanere super convinti della nostra comunicazione, essere fieri del concept, degli slogan, bla bla... ma se ci accorgiamo che più di un utente non l'ha capita, non c'è nulla di male a dire "abbiamo fatto un errore". Non si perde credibilità, anzi! Le scuse possono laddove la ragione a tutti i costi non può.
- La comunicazione è "roba nostra" e dei nostri manager/tecnici/esperti, ma senza un pubblico non ha senso di esistere, e quel pubblico è parte del lavoro di comunicazione. Non si può, cioè, "buttare il sasso e nascondere la mano" o chiudere la discussione con il classico "è un problema vostro, se non ci arrivate"...
- L'irriverenza è uno stile di comunicazione diffuso in molti brand e molto efficace, ma è uno strumento e bisogna saperlo usare. La boria ("La ristorazione è una cosa seria", "Voi cosa fate?", "Lasciateci lavorare") non è irriverenza: l'irriverenza è ironia intelligente, che fa sorridere e riflettere. Si rischia molto e ci si mette in gioco ancora di più. Bisogna essere sicuri che chi lancia questi messaggi lo sappia fare. A giocare con i coltetti, soprattutto in cucina, ci si può far male...
- "I nostri clienti ci conoscono". Sì, ma la pubblicità sui social dovrebbe portare nuovi clienti, clienti che non ci conoscono e che devono avere di un'impressione positiva. Altrimenti perché mettersi in vetrina su Facebook? Piuttosto continuiamo a curare i nostri clienti abituali, senza aspirare a nulla di più.
- "Non abbiamo bisogno di pubblicità". Di nuovo, perché iscriversi a Facebook? E quale attività di business non ha bisogno di pubblicità?
- Incazzarsi è sbagliato. Sempre. Il business richiede più autocontrollo dello yoga. Scagliarsi contro gli utenti e prenderla sul personale è buttarsi, di slancio, verso la parte del torto.
Come ha scritto qualcuno commentando il famigerato post, un ristorante non dovrebbe essere giudicato dalla comunicazione sui social, ma dai suoi piatti. Almeno, non solo. Purtroppo le proprietarie di Piovono Zucchine (o chi per loro) avrebbero dovuto mantenere un profilo più basso nelle risposte o spiegare subito il significato della locandina.
Magari scegliere un titolo più "innocuo": "Piovono dolcetti"?
Speriamo che sia loro utile per il futuro, e che non cadano nella convinzione più sbagliata del "basta che se ne parli...".
P.S. prendetevi del tempo per leggere commenti degli utenti e relative risposte...