Viaggiare, sì: ma dove?
CAMBIA LA NOSTRA VITA, CAMBIANO LE NOSTRE METE:
VELOCE TOUR SULLO STATO DEL TURISMO
GUIDATI DA CLAUDIO VISENTIN, DOCENTE DEL VIAGGIO
“Nonostante sia una delle principali attività economiche su scala mondiale, circa un decimo del prodotto lordo mondiale e dell’occupazione, il turismo è per sua natura fragile, esposto a tutti gli imprevisti. Oggi siamo nella tempesta perfetta e il turismo è la prima vittima. Nel caso dell’Italia, per il 2020 si ipotizza un calo delle presenze del 60% (172 milioni contro 430), con minori guadagni per 29 miliardi (studio CST per assoturismo). Praticamente un ritorno agli anni Sessanta, quando il mondo era diviso in due blocchi separati da una cortina di ferro e i viaggi aerei erano un lusso per pochi. E questa è una stima ottimistica, supponendo cioè che con l’estate l’epidemia sia sotto controllo e si possa gradualmente tornare alla normalità. Però non disperiamo: non è la prima crisi e il turismo italiano è fragile ma anche molto elastico. Pensiamo al 2001 con le Torri Gemelli, nel 2003 la SARS, nel 2009 la recessione globale, nel 2010 l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull… E del resto, la peste raccontata da Tucidide (Atene, 430 a.C.) non è poi troppo diversa da quella di Boccaccio (1348) o di Manzoni (1630).
Insomma: ci sono già stati stop nella nostra storia recente, ma le previsioni di lungo sono poi state confermate. L’orizzonte più attendibile è dunque una lenta e faticosa transizione verso la normalità, da oggi alla fine del 2021. E chi dispone di un buon mercato interno – come l’Italia – può invece sperare di limitare i danni”.
Se ce lo dice Claudio Visentin, scrittore e reporter di viaggio, insegnante di “Storia culturale del turismo” presso l’Università della Svizzera italiana, fondatore e presidente della Scuola del Viaggio (corsi di scrittura e percorsi creativi per appassionati e aziende), possiamo crederci.
Questa sosta forzata potrebbe essere un’occasione per stabilire un nuovo rapporto con la nostra casa?
Gli aerei vuoti affondano i bilanci delle compagne, le gigantesche navi da crociera bloccate nei porti in quarantena dopo la scoperta di qualche caso a bordo sono diventate il simbolo di questo momento di paralisi e impotenza.
Questo tempo ancora sospeso vissuto nella sicurezza delle nostre case è perfetto per immaginare i viaggi che faremo quando torneremo alla normalità. Nell’immobilità, senza distrazioni, capiamo meglio i nostri desideri più profondi.
Guardiamo un trend dall’Inghilterra, terra di grandi viaggiatori internazionali: dalle loro ricerche online sappiamo che sognano le spiagge della Spagna (+1600% rispetto a un anno fa) e dell’Italia. Nel frattempo, attendendo che la situazione si plachi, agriturismi, camping e cottage sono già quasi esauriti per la prossima estate.
Il turismo nel proprio Paese, a tiro di casa e delle strutture sanitarie, è una naturale estensione della Staycation, parola inglese combinazione di Stay (stare a casa) + Vacation (vacanza). Ovvero – per chi può permetterselo - restare a casa come se si fosse in vacanza, con le stesse regole: niente telefono per lavoro, niente email… Affrettarsi a prenotare nel nostro Paese potrebbe essere una scelta intelligente.
In effetti, dai primi indicatori il mercato delle case-vacanza in Italia si sta muovendo velocemente: forse spinto da due diverse forme del senso di protezione.
Da un lato, le famiglie sembrano voler mantenere il ritrovato equilibrio domestico (che per alcuni in realtà è stato una scoperta!), soddisfacendo il bisogno psicologico; dall’altro, la sicurezza vissuta nello stare in casa, difesi dalle mura e rassicurati dalle nostre azioni in prima persona – vedi l’igiene, l’attenzione in cucina – chiede ancora conferme, generando qualche (anche comprensibile) resistenza all’idea di affidarsi a spazi e servizi di altri.
E visto che le epidemie, per loro natura, trovano in città il terreno perfetto per diffondersi, va da sé che in alternativa si possano riscoprire forme di turismo in luoghi poco frequentati.
I millennial (ma ormai non solo!) davano il viaggio per scontato: in tutti sensi, vedi l’accessibilità dei costi aerei, che hanno reso alla portata di moltissimi sia i city-break che vacanze più lontane. Il viaggio da privilegio e avventura è diventato un diritto low-cost, quindi parte della vita quotidiana. In questo senso forse a mancare oggi non è tanto il viaggio in sé, ma lo spostamento fisico: se non andiamo lontano ormai il viaggio non ci sembra più tale, mentre sia lo “stacco” rilassante sia l’avventura possono essere vissuti a prescindere dal numero dei chilometri o dei timbri sul passaporto.
La frenata per il settore quindi è stata tanto più forte perché il turismo stava accelerando con vigore, dopo essere entrato nella nuova fase dell’iperturismo (over-tourism), sospinto dall’adozione delle nuove tecnologie: vedi Airbnb, che era il caso di riferimento per il suo successo e oggi è il caso di riferimento per la sua crisi (vedi i tagli e il ripensamento del modello di business annunciati nella ormai famosa lettera del suo fondatore).
PRE-SCENARI POST CRISI
Crisi e momenti di transizione generano opportunità. Alla ripresa:
• i consumatori potranno fare grandi affari per un po' - perché ci saranno stanze disponibili e posti vuoti sugli aerei che devono essere riempiti rapidamente;
• gli agenti di viaggio potrebbero rivelarsi alleati preziosi se sapranno rinnovare i loro prodotti adattandoli ai tempi nuovi (ad esempio: esperienze di ecoturismo nei boschi saranno più richieste di week-end urbani;
• gli imprenditori devono gestire bene la ripartenza e non sbagliare la scelta del momento giusto per rientrare in gioco: chi non può permettersi di stare fermo un giro dovrà giocoforza andare alla guerra.
La pandemia non è stata uno schiaffo solo per gli alberghi ma anche per i trasporti… qualche dato?
L’aviazione commerciale è per sua natura fragile a causa degli alti costi di gestione e una sosta anche solo di qualche mese provocherebbe fallimenti a catena. Secondo IATA (International Air Transport Association), servono aiuti per almeno 200 miliardi di dollari – e 25 milioni di posti di lavoro sono a rischio.
Anche l’industria delle crociere è ferma, dopo un 2019 da sogno, con 150 miliardi di dollari di giro d’affari e 30 milioni di passeggeri, e sono un milione e duecentomila impieghi in pericolo. Nell’insieme oltre cinquanta milioni di impieghi nel turismo sono a rischio secondo il WTTC (World Travel & Tourism Council).
I turisti torneranno a viaggiare solo quando sarà possibile, se avranno abbastanza soldi e se i mezzi di trasporto funzioneranno; sono già tre variabili, e potrebbero essere venti! Ovviamente la sicurezza sarà in primo piano: anche nel viaggio aereo ad esempio si cercherà di avere più spazio possibile tutto per sé.
LE LETTURE
Visentin suggerisce la riscoperta e Viaggio attorno alla mia stanza di Xavier de Maistre in cui durante il carnevale del 1794 il nobile ufficiale di Savoia deve passare 42 giorni agli arresti domiciliari per le conseguenze di un duello con un rivale in amore, trovando sempre nuovi motivi d’interesse in uno spazio ristrettissimo.
Come guida consigliamo la nuova edizione di Italia on the Road di Lonely Planet: 40 itinerari alla (ri)scoperta del paese, classici o insoliti, con tutti i mezzi e per tutti i budget. Dal 28 maggio una pagina web racconta i tour grazie a un gruppo selezionato di viaggiatori, che per un mese e racconteranno e filmeranno gli itinerari “sperimentati” in prima persona – vivendoli nel rispetto delle regole approntate da Governo e Regioni per la stagione estiva 2020.
Luoghi famosi e musei aprono le loro porte online: dovremmo cancellare le prenotazioni, chiedere i rimborsi, e rassegnarci a viaggi virtuali? (Non ce la posso fare…)
Ho letto una interessante proposta di una scrittrice di viaggio, Juliet Kinsman: nell’immediato la cosa più sensata potrebbe essere di rimandare semplicemente i nostri progetti di viaggio di qualche mese – insomma di cambiare le date delle nostre prenotazioni anziché disdirle. In effetti questo potrebbe essere non solo meno frustrante per noi, ma un grande aiuto per tutto le persone che su di noi fanno affidamento: dagli agenti di viaggio agli assistenti di volo, dall’albergatore al facchino – e tutto moltiplicato per tutta l’Italia e tutto il mondo. Circa il 10% delle persone a livello globale lavora nel turismo e oggi già molti hanno perso il lavoro o gli incassi.
Tutte le ricerche mostrano che il desiderio di viaggiare non si è spento e oltre tre quarti degli intervistati afferma di voler tornare a viaggiare.
Riprogrammare il proprio viaggio vuol dire anche lasciare una finestra aperta sul futuro.
LESSON LEARNED
“Le precedenti crisi insegnano che in un primo momento i viaggiatori tendono a restare vicino a casa: si comincia con un ristorante locale, un fine settimana nella propria regione, poi qualche timido viaggio dentro i confini nazionali, infine una convinta ripresa dei viaggi internazionali”: così Shannon McMahon, Trip Advisor.
LA SURVEY
“Gestire un hotel post coronavirus, quali prospettive?” Su proprietari di hotel - a cura di Elite Academy/Restart Imprese con Irwin&Bates.
- Attività: per il 72.7% sarà influenzata oltre i 6 mesi e il 77.3% stima oltre 12 mesi per recuperare volumi del 2019; l’organizzazione interna dovrà subire cambiamenti anche consistenti (solo il 4.5%) ritiene di no), specie nella produzione e organizzazione e poi nelle vendite/marketing.
- Debito pregresso: il 68.2% delle aziende pensa di poterlo sostenere con la ripresa delle attività, con aggiustamenti (ristrutturazione), il 31.8% no (in sostanza si dichiara non in grado di restituire quanto ottenuto). Lascia quindi perplessi che solo il 4.5% ritenga di dover rivedere il reparto amministrazione e finanza…
- Collaboratori: il 77.3% ha scelto chiusura temporanea e cassa integrazione, il resto per il recupero di ferie e permessi; per il 31.8% la riduzione del personale a 12 mesi potrebbe essere consistente (solo il 18.2 la esclude).
- Fornitori: il 59.1% sta rinegoziando le scadenze (per il 13.6% è impossibile farlo, per il 27.3% non era ancora necessario in questa fase iniziale).
- Fiducia nel Governo nell’assicurare significativi interventi per la continuità delle aziende, anche se in perdita: il 50% non ce l’ha, il 40.9% ce l’ha in parte e il 9.1% sì.
- Futuro: il 50% dice di doversi rifinanziare con nuovi prestiti e il 31.8% in maniera consistente (visto l’alto tasso di risposte negative riguardo la capacità di rimborso del debito, lo scenario con le banche si prospetta complesso); non a caso, il 40.9% ritiene che non sarà semplice trovare nuova finanza per l’azienda e per il 36.4% si potrà fare offrendo garanzie personali. Per il 68.2% il modo di fare business nel settore dovrà cambiare radicalmente la stessa percentuale dichiara di avere già delle idee su come riorganizzare l’azienda; ma solo il 54.5% ritiene di avere bisogno di un supporto esterno in questa nuova situazione.