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Laura Piloni Laura Piloni

Dal volume N° 53

Quando il cliente ammette: "Non mi piace fare la spesa"

DESCRIZIONE IRONICA (MA NON COSÌ TANTO)
DI UN NORMALE GIRO AL SUPERMERCATO

Non mi piace fare la spesa.
Preferisco farla nei negozi del mio paese. Entri, hai davanti qualche signora con le braccia conserte e la borsa della spesa che pende dal braccio, con dentro portafoglio, fazzoletto e chiavi di casa, si scambiano battute nella tua lingua madre. Il negoziante ti guarda ti saluta e ti chiede cosa desideri. È un lusso, che però richiede tempo, e a cui spesso devo rinunciare.
E allora vado al supermercato. Se mi succede di sabato, lo considero un modo per espiare i peccati che, sempre per mancanza di tempo, si riducono ormai a pensieri e omissioni.


La penitenza inizia quando entri nel portafogli, prima, e nella borsa, poi, alla ricerca dell’euro che serve per entrare in possesso del carrello. Scopri subito che è il carrello a essere posseduto, ha vita propria, decide lui dove andare.

Metti poi che sei celiaca, intollerante ai latticini e devi, quindi, leggere con attenzione i componenti; a questo aggiungi la miopia, avresti diritto all'accompagnamento.
Nel reparto ortofrutta continua la penitenza: devi indossare un’improbabile guanto di plastica e gestire dai 20 ai 30 sacchetti. Per fare in fretta, riempi più di un sacchetto prima di andare alla bilancia e, quando ci arrivi, non ricordi più il numero da digitare.

Una volta fatto, l'etichetta adesiva si attacca sempre e inesorabilmente al guanto.
Superi il reparto surgelati a una velocità che va oltre il muro del suono: le temperature richiederebbero abbigliamento tecnico per una camminata al circolo polare artico.

Quando arrivi al reparto acqua e bevande, hai il carrello pieno. Lo guardi con tenerezza, da quanto l’avevi sistemato bene, cosa che non succede spesso a una che crede nell’ordine ma non è praticante. Sei costretta ad accatastare tutto per farci entrare il pacco delle bottiglie.


Stai per concludere la via crucis e ti accorgi di non aver preso l'unica cosa davvero importante di cui non puoi fare a meno e che si trova, sempre, nel primo scaffale del primo reparto vicino all'entrata. Per recuperare tempo, parcheggi il carrello in un punto strategico (lo credi tu), corri verso l'oggetto del desiderio, veloce come non ci fosse un domani. Lo agguanti e, sempre correndo, torni al carrello e il lui, quell'infame, ha cambiato posizione. Vaghi da un reparto all'altro come Teseo nel labirinto senza il filo di Arianna. Lo trovi, lo insulti e lo strattoni verso le casse.

Una sola cassa ha l'operatrice, ma è per donne incinte (la tua pancia è costituzione), anziani (anche se lì dentro sei invecchiata parecchio, non rientri ancora nella categoria), meno di dieci articoli (ma chi ci va a far la spesa per meno di dieci articoli). Altre nove casse, le chiamano “cassa veloce” (ma è millantato credito) o “cassa amica” (amica di chi? Mia no di certo). Bella “amica” questa, che, gridando, fa sapere a tutti quello che spendi, che al secondo articolo inizia con petulanza la litania “articolo sconosciuto”, “articolo inatteso sul nastro” (ma chi dovevo avvisare?), “liberare il nastro dagli articoli”, “attendere intervento dell'incaricato”. L'incaricata arriva, ti guarda con malcelata sufficienza, digita un codice di 107 cifre e scompare, senza rivolgerti né una parola né uno sguardo. Al quinto tentativo riesci a pagare. Inizi a imbustare, ma hai, ormai, perso lucidità e metti sul fondo le uova, l'uva e i cachi, e, sopra, tutto il resto.


Inforchi la scala mobile grondante sudore. Vai verso la macchina parcheggiata al posto Z999. Carichi. Guardi il carrello vuoto e lo abbandoneresti lì, se non fosse che ti senti infame come chi abbandona i cani in autostrada, e ti ricordi della fatica fatta per trovare l’euro. Ti accasci sopra e parti in processione verso il deposito, intravisto in lontananza. Così distante che ti aspetti di trovare un autogrill a metà strada.
Torni alla macchina. Sul viso sfigurato si disegna un sorriso, o meglio un ghigno: “È finita” pensi.


Sei quasi a casa, quando ti viene un flash: “… azzz… la carta igienica”.
E niente. Non mi piace fare la spesa.