Stagisti si ri-diventa: cosa succede agli over 50
Un tempo, neanche tanto lontano, il ciclo di vita di un prodotto era 15 anni: oggi siamo a tre. Per risorse umane, l’invecchiamento è altrettanto accelerato? Ahimè, pare di sì.
Le conseguenze di questa “nuova obsolescenza” sono terribili, soprattutto perché è sulle competenze che si gioca tutto. Ma, paradossalmente, non sono più le competenze dell’esperienza ad avere valore, il sapere accumulato negli anni della pratica, la capacità di gestire situazioni complesse o la maturità nel far crescere le forze nuove. Le aziende, specialmente italiane, non sembrano aver programmato l’evoluzione delle professionalità e di fronte alle nuove necessità di contenimento dei costi (non fosse altro che per rabbonire gli analisti a ogni trimestrale…), i lavoratori più esperti, cioè i cinquantenni, diventano i soggetti perfetti da eliminare. Meglio un giovane o comunque una figura più junior, che costa meno ed è più malleabile. E questo vale in ogni settore e a ogni livello: dall’operaio al dirigente. Come se due figure e due competenze così diverse fossero intercambiabili…
PENSIERO STUPENDO
È un dato bizzarro che la pubblicità, i media e la moda continuino a comunicare l’immagine e il concetto dei 40 come “i nuovi 30” e così via, presentando una giovinezza eternamente prorogata e super efficiente; mentre, sul lavoro, questi stessi “splendidi 50enni” che dovrebbero consumare e spendere, sono invece considerati vintage, se non proprio rottamati!
Il dato oggettivo è che ormai nel mondo del lavoro si entra sempre più tardi, ma in molte aziende e molti settori già dopo i 40 o 45 anni si è considerati “zii” (vedi l’advertising o tutto il mondo del web), e dopo i 50 occhio a mostrarsi affaticati, sennò si entra nel mirino. E non è detto che la ristrutturazione che ci aspetta sarà sempre delle migliori.
Chi esce dal lavoro a 50 anni si trova nella situazione di essere troppo giovane per la pensione (quale pensione?) e di essere appunto anziano per le logiche del mercato. E non sempre anche avere un alto tasso di specializzazione aiuta: se è vero ad esempio che nell’industria un operaio specializzato potrà “riciclarsi” più facilmente di un altro, non è detto che per un manager valga lo stesso – perché si pensa che le sue competenze non siano o non riescano più a stare al passo, che la sua capacità di far fronte agli orari o allo stress non sia più la stessa, che la sua motivazione non sia più la stessa. E poi, va da sé, costa di più. Come si dice… cornuti e mazziati?
Dopo la rottamazione, quale riciclo?
Un'altra cosa che si sconta poi moltissimo è che in Italia manca sempre (tranne che per le figure super top, che in teoria non ne avrebbero bisogno), un efficiente sistema di ricerca e ricollocamento, anche sostenuto da un serio e accessibile aggiornamento professionale, perché è ormai imprescindibile la formazione continua. Invece a ogni livello ci si muove ancora prevalentemente per relazioni, e quando tutta la tua generazione di riferimento è nella stessa situazione…
Intendiamoci: almeno a volte, un nuovo lavoro si trova! Succede però che, per molte aziende, la tendenza è di optare, appena è possibile, per le collaborazioni – anche a costo di situazioni assurde come reingaggiare come consulenti manager mandati via in precedenza.
Questo porta a un altro (un altro!) aspetto rilevante da considerare: chi ha conosciuto solo situazioni lavorative stabili fa fatica ad accettare le nuove forme diciamo così “fluide”.
• C’è la difficoltà oggettiva di capire come potersi e doversi muovere da autonomi.
• Ci si scontra con le nuove logiche della proposta di sé (il curriculum non basta più, bisogna essere social, imparare a vendersi).
• Ci si scontra con le competitive logiche del mercato (dai prezzi a come fare le offerte, a come farsi pagare).
• Infine c’à la realtà della gestione e dei costi della professione autonoma (dalla tassazione ai contributi, dalla necessità di un commercialista a quella di tutelarsi a livello previdenziale).
Per molte professioni autonome senza albo professionale, un supporto in termini di servizi, tutela dei diritti, attività di aggiornamento e networking può venire da realtà come ACTA, l’Associazione Consulenti del Terziario Avanzato.
SIAMO SERI: LA SITUAZIONE È RIDICOLA
Per riderci su, possiamo vedere come butta la situazione anche negli Stati Uniti, con due film non da Oscar, ma gradevoli, e che comunque danno l’idea di un po’ di cose che stanno succedendo non solo nella Silicon Valley, ma anche intorno a noi. In entrambi i protagonisti si ritrovano rottamati e, per ricominciare, si ritrovano stagisti insieme a branchi di ragazzotti.
In “Gli stagisti” (2013) Owen Wilson e Vince Vaughn sono due venditori quarantenni che, alla chiusura della loro azienda, si scoprono giurassici e assolutamente al di fuori dalle nuove competenze e logiche. In qualche modo riescono a farsi ammettere al programma con cui Google seleziona i suoi nuovi talenti, e si ritrovano a dover imparare la programmazione, rispondere all’assistenza tecnica clienti e a inventare app. La faccia tosta e l’esperienza accumulate da venditori alla fine saranno però molto utili!
Invece nel recente “Lo stagista inaspettato” è Robert De Niro a ritrovarsi nella parte di un attempato vedovo già pensionato che, assunto in un programma per stagisti anziani sponsorizzato dalla città di New York, senza avere mai prima usato Facebook, riuscirà a fare una fortuna con il commercio online.