Dacci oggi i nostri sacchetti (della spesa) quotidiani
LA "RIVOLUZIONE" VISTA DA UNA COMMESSA DELL’ORTOFRUTTA
Lavoro nel reparto ortofrutta di un ipermercato, e a fine dicembre io e i miei colleghi veniamo chiamati nell’ufficio del capo reparto.
Cosa sarà successo?
Niente di grave, il capo reparto deve “semplicemente” spiegarci la questione “sacchetti biodegradabili a pagamento” (che potrebbe anche sembrare il titolo di un film horror…)
Mi sembra tutto chiaro: dal primo gennaio, i sacchetti dell’ortofrutta non saranno più in plastica ma in materiale biodegradabile, e il costo sarà specificato sullo scontrino per evitarne l’abuso.
Trovo che questo decreto legge abbia le sue ragioni, anche se mi chiedo perché non le abbiano spiegate come si deve (non a caso è successo il finimondo…)
Un centesimo a sacchetto (e a polemica)
Comunque. Per i primi quindici giorni di gennaio, la situazione è a dir poco imbarazzante: non trovo un’altra parola corretta, stiamo parlando di un centesimo a sacchetto e dell’inquinamento del nostro pianeta.
Ciò nonostante, i clienti sono inferociti: chi tira fuori la storia della Novamont (“Io i soldi agli amici di Renzi non li voglio dare!”), chi è indignato per “l’ennesima tassa di un governo che nessuno ha votato”, chi “Io i sacchetti me lo porto da casa!”, o quelli che “io attacco l’etichetta sulle noci, una a una!” (beati voi che avete il buontempo di fare queste cose).
Ma i migliori, secondo me, sono quelli che “cosa me ne faccio di tutti questi sacchetti, non ne ho bisogno”, gli stessi che prima li usavano per mettere la farina che se no perde, le mutande che così non si sporcano (veramente? Cioè mi stai dicendo che compri le mutande al supermercato e non le lavi subito?), lo shampoo mica che si apre… Oppure si prendevano direttamente il rotolo e se ti azzardavi a dire qualcosa, rispondevano: “Eh, ma mi servono” (a cosa, poi, me lo chiedo ancora adesso).
Santa Rita dei sacchetti
Come gestire la situazione se non trasformarsi in santa Rita da Cascia, patrona dei casi disperati? Con molta calma, cerco di spiegare che i sacchetti non sono mai stati “gratis”, che sono sempre stati inclusi nel prezzo della frutta e della verdura e che ora il costo viene specificato sullo scontrino proprio per evitarne un uso smodato, perché stiamo inquinando troppo con tutta quella plastica, e comunque i soldi non ce li intaschiamo noi e nemmeno il supermercato. E lo sa che si possono riutilizzare per l’umido?
Insomma, finito il turno di lavoro ti senti più una maestra dell’asilo che una commessa. Torna a casa e cerchi di rilassarti, ma apri Facebook e la polemica continua anche lì. Commenti qualche post, per riportare la decenza, ma poi ripensi alle parole di Umberto Eco: "Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere". Così spegni tutto e ti leggi un bel libro.
A distanza di pochi mesi cosa è cambiato? Che nessuno dice più niente e tutti prendono i sacchetti e li pagano.
Noi italiani siamo fantastici: ci infervoriamo per delle stupidaggini, tanto poi ci passa tutto.
P.S. L’altro giorno una signora mi apostrofa dicendo: “Te lo scordi che ti pago il sacchetto!” e io con un sorrisone le ho risposto “Faccia quello che vuole signora” anche se nella mia mente la risposta è stata ben diversa.