Customer Experience


Valeria Tonella Valeria Tonella

Perché il cliente non è mai contento?

Un "soffitto di cristallo": in Homo Deus (Bompiani) Yuval Noah Harari definisce così la felicità.

Il saggista israeliano parte da una constatazione inoppugnabile: nella seconda metà del ventunesimo secolo, l'umanità ha raggiunto un obiettivo che sembrava impossibile da raggiungere, quello di tenere sotto controllo carestie, pestilenze e guerre.

E quindi? La domanda viene spontanea: e quindi? A cosa aspiriamo, oggi? Se la sopravvivenza non è più in cima ai nostri pensieri (o almeno non è per una grande fetta dell'umanità), a quale traguardo possiamo ambire?

Filosofi, politici, anche economi rispondono insieme: la "felicità". Il benessere, fisico e mentale. Il suo aumento nel tempo.

Purtroppo, non siamo così avanti.

E qui si inserisce l'immagine creata da Harari: "Sembra che la nostra felicità urti contro una sorta di misterioso soffitto di cristallo che non ci permette di aumentarla nonostante tutti i nostri straordinari successi. Anche se distribuissimo cibo gratis a tutti, curassimo ogni malattia e assicurassimo la pace nel mondo, non è detto che riusciremmo a infrangere quel soffitto di cristallo".

Perché?

"Il soffitto di cristallo della felicità è tenuto in piedi da due robusti pilastri, uno psicologico, l'altro biologico.

A livello psicologico, la felicità dipende dalle aspettative più che dalle condizioni obiettive.

Non siamo soddisfatti dal condurre un'esistenza pacifica e priva di problemi economici. In realtà, diventiamo soddisfatti quando la realtà corrisponde alle nostre aspettative.

La cattiva notizia è che man mano che le condizioni oggettive migliorano, le aspettative si gonfiano a dismisura.

I grandiosi miglioramenti nelle condizioni obiettive che il genero umano ha sperimentato negli ultimi decenni si sono tradotti in aspettative ancora più elevate piuttosto che in un soddisfacimento più completo. Se non interveniamo su questo meccanismo, anche i nostri futuri successi potrebbero lasciarci insoddisfatti per sempre".

Ma c'entra anche la "chimica".

"A livello biologico, sia le aspettative sia la felicità sono determinate più dalla nostra biochimica che dalla nostra situazione economica, sociale o politica.

Secondo Epicuro, siamo felici quando percepiamo sensazioni piacevoli e quando non percepiamo quelle spiacevoli. Similmente, Jeremy Bentham (filosofo dell'Ottocento, ndr) ha stabilito che la natura ha dato il dominio sull'uomo a due padroni - il piacere e il dolore - e soltanto loro determinano ogni cosa che facciamo, diciamo, pensiamo.

Ai tempi di Epicuro, simili affermazioni erano considerate blasfeme; all'inizio del ventunesimo secolo si tratta di scienza. La felicità e la sofferenza non sono nient'altro che equilibri differenti delle sensazioni corporee. Non reagiamo mai agli eventi del mondo esteriore, ma soltanto alle sensazioni del nostro organismo. Perdere un lavoro  può certamente indurre in depressione, ma la depressione in sé è una forma di sensazione corporea spiacevole. Una miriade di cose può infastidirci, ma la rabbia non è mai un'astrazione. è sempre percepita come una sensazione di calore e di tensione nel corpo, che è il motivo per cui la rabbia è così esasperante. Non è un caso che diciamo "bruciare" di rabbia".

Al grande evento sulla Customer Experience organizzato da V+ e ONE4 a Milano, Afsoon Neginy di Revlon ha sottolineato proprio questo:

 

LESSON LEARNED

"La chiave per essere felici non è la corsa né la corsa all'oro né l'oro, ma un equilibrato dosaggio di eccitamento e tranquillità; ma la maggior parte di noi tende a rimbalzare dallo stress alla noira e viceversa, permanendo in uno stato di scontentezza in un caso e nell'altro".

Aspettative, sensazioni: elementi da tenere in considerazione nella relazione con il cliente.

"Il cliente non è mai contento?" Ma noi lo siamo?

 

L'ESEMPIO DEI SOLDATI AMERICANI

"Il 12% dei soldati americani in Iraq e il 17% dei soldati americani in Afghanistan hanno assunto sia narcotici sia antidepressivi per fronteggiare la pressione e l'angoscia della guerra. Paura, depressione e traumi non sono causati dalle granate, dalle mine nascoste o dai camion bomba. Sono provocati dagli ormoni, dai neurotrasmettitori e dalle reti neuronali. Immaginiamo due soldati che si trovano spalla a spalla nella stasse imboscata: uno trema in preda al terrore, smarrisce la capacità di pensare lucidamente e soffre di incubi per anni dopo l'evento; l'altro affronta con coraggio la battaglia e vince una medaglia. La differenza sta nella biochimica dei soldati e, se riuscissimo, a trovare il modo di controllarla, avremo soldati più 'felici' ed eserciti più efficienti".