Cosa ho imparato sulla vendita all'Apple store di New York
COME, IN DIECI MINUTI, SONO STATO IDENTIFICATO, QUALIFICATO, INDIRIZZATO E CONVERTITO IN CLIENTE
Qualche tempo fa ho trascorso alcuni giorni a New York e, da bravo appassionato della mela, non ho potuto non fare un salto all’Apple Store sulla Fifth Avenue. È stata una rivelazione. In un paio d’ore sono stato letteralmente immerso nello stato dell’arte delle tecniche di gestione del cliente e dei processi di vendita. Lavoro nel settore del marketing e delle vendite ormai da un po’, ma devo ammettere che ho fatto un bel bagno di umiltà. Ho imparato molto, ma sono tre i concetti principali che si sono impressi nella mia mente e che mi porto dentro da allora.
1. Due ore all’Apple Store valgono più di un master in marketing e vendite.
È così, non c’è niente da fare. Inutile sottolineare il primo impatto, quello visivo. Un fantastico cubo di cristallo sulla Quinta strada, alto una quindicina di metri, a pochi passi da Central Park. Splendido.
Ma è quando sono entrato che mi si è svelato un mondo. Una scala a chiocciola, ovviamente sempre di cristallo, mi porta al piano di sotto, dove si sviluppa su un unico piano rettangolare tutto lo store. L’Apple Store è pieno di grandi tavoli suddivisi per categoria, su cui sono collocati Mac, iPad, iPhone e compagnia bella. Lo stile è quello delle aree Apple negli ipermercati di elettronica che abbiamo anche in Italia. Così intanto vedi, provi, vivi il prodotto.
Appena arrivo, senza accorgermi sono già entrato nel loro imbuto di vendita: Apple ha modellato e cucito su misura di chi entra nello store un funnel unico, che non ho ritrovato in nessun altro posto. Tarato al millimetro sulle specificità e sulle dinamiche uniche che si sviluppano al suo interno. Come sempre, “Think Different”.
Ecco cosa è successo.
Appena scendo le scale, oltre a una marea di persone che girano, si guardano intorno con meraviglia e provano i prodotti, noto subito alcuni ragazzi sorridenti che stazionano alla fine della scalinata. Sono molto ben riconoscibili, e cercano costantemente di intercettare lo sguardo delle persone che entrano nello store.
Ovviamente volevo vedere un po’ tutto (hai presente la faccia di un bambino stupito?), ma ero più che altro interessato a valutare l’acquisto di un iPad. Poco dopo metà scalinata incrocio lo sguardo di uno di questi ragazzi. Lui mi sorride e mi fa un cenno per capire se ho bisogno d’aiuto. Mi si avvicina e mi chiede in cosa può essermi utile. Appena accenno a cosa sto valutando lui mi accompagna da un’altra tipa che staziona lì vicino con in mano un tablet. Lei registra subito il mio nome e la mia email (così intanto ha creato il contatto… tiè!) e mi chiede cosa mi interessa. Dopo avermi ascoltato, mi indirizza subito verso uno dei grandi desk in un angolo dello store e mi dice di aspettare lì qualche minuto.
In cinque minuti, non so manco bene come, mi ritrovo nella zona dello store dove ci sono gli iPad e sto aspettando la persona che dovrebbe farmi vedere il prodotto. Dopo neanche due minuti arriva un altro ragazzo, sempre molto cordiale, che si mette a mia disposizione: mi presenta il prodotto, me lo fa vedere, provare e mi dà tutte le informazioni del caso. Ok, il prodotto mi interessa. Manco a dirlo il tipo già ha in mano il suo bel pos personale e chiude la vendita al volo direttamente lì. Fatto.
Morale della favola: in uno store stracolmo di gente, in 10 minuti sono stato identificato, qualificato, indirizzato e convertito in cliente. Niente male!
Appena esco, giro lo sguardo e vedo alcuni “Genius” che, come dei radar, cercano di intercettare il mio sguardo per capire con gli occhi se io abbia bisogno di aiuto sui prodotti e sul loro funzionamento. Appena incrociamo lo sguardo, uno di loro subito mi fa cenno di “sì-sì, sono qui per aiutarti, vieni pure qui che ti aiuto io!”. Se avessi avuto bisogno di aiuto, avrei risolto in un attimo.
Il concetto è proprio questo: le figure specifiche nello store sono molte, tutte con un ruolo preciso all’interno di una strategia complessiva di gestione del contatto, che ha l’obiettivo di farti vivere l’esperienza Apple e di avvicinarti ad acquistare nel modo più semplice (e rapido!) possibile.
L’apple store, infatti, è perfettamente organizzato non solo per far vedere il prodotto e comunicare l’identità di marca, ma anche dal punto di vista della presenza di queste figure, create ad hoc per essere perfettamente complementari rispetto al cliente e alle sue esigenze in ogni fase del processo di acquisto.
La cosa che stupisce è la fluidità dei processi di gestione dei clienti nello store. È tutto perfettamente automatizzato, lucido, lineare. Ti ritrovi come in un fiume che con la sua corrente, se ci entri, ti asseconda e ti porta dove vuole lui, proprio perché sa qual è il punto di arrivo e conosce la via migliore per accompagnarti. Mi dicono che quello della quinta strada sia il negozio con maggior fatturato per metro quadro al mondo. La cosa non mi stupisce affatto.
UNA STRATEGIA PERSEVERANTE
Ti racconto un altro aneddoto, che, anche se non recentissimo, ritengo altrettanto significativo.
Stesso posto, anno 2015. Entro, vivo la stessa esperienza d’acquisto, stavolta per un iPod. Appena concludo l’acquisto, mentre passo da una zona all’altra dello store, noto una tipa che mi guarda da pochi metri di distanza con un gran sorriso. Le sorrido anch’io, lei mi si avvicina e tutta entusiasta mi introduce alla grande novità del “Watch”. In trenta secondi mi invita a provarlo. Accetto. Ma non mi fa provare l’orologio. Lei infatti si occupa solo di girare per lo store e agganciare con un gran sorriso le persone per invitarle a provare la grande e imperdibile novità in arrivo. Punto.
Quindi che fa? Mi porta dalla persona che se ne occupa. Questa mi prende in carico, sempre con un bel sorriso, ma con un approccio meno esuberante, e mi accompagna in una stanza a parte dello store. Ambiente in pieno stile Apple, intimo e confortevole. Due sedie e un tavolo, uno di fronte all’altro. Mi presenta i modelli e mi chiede quale voglio provare. Da un cassetto tira fuori la confezione del Watch e me lo apre davanti agli occhi come si fa per un prodotto di gioielleria. Lo estrae con eleganza, me lo mette al polso e inizia a darmi tutte le informazioni del caso, oltre che naturalmente a rispondere a tutte le mie curiosità. Mi propone di provare quello in oro rosa, prezzo al pubblico 11.200 dollari. Ammetto di aver provato una certa emozione.
Attenzione poi, il prodotto ancora non era in vendita, la tipa mica me lo voleva vendere! Era solo per farmi provare l’ebbrezza di averlo al polso in anteprima. Ed ebbrezza ho provato. Siamo rimasti a parlare venti minuti, abbiamo sviscerato molte cose sul prodotto e abbiamo parlato anche di altri argomenti, sempre con garbo, educazione e un bel sorriso da parte sua. Quando sono uscito, sentivo di essere stato trattato in modo speciale.
Non mi è stato presentato un prodotto, mi è stata fatta vivere l’esperienza del Watch (applausi).
2. L’imbuto di vendita va sempre disegnato e modellato sulla particolarità del cliente e sulle dinamiche che possono avvicinarlo al momento dell’acquisto.
Gli americani sono maestri dell’arte della vendita. Tutto è perfettamente organizzato. Tutto, semplicemente, funziona. E ovunque vai ti ritrovi infilato in un imbuto!
L’Empire State Building, per esempio: il percorso, da quando entri a quando esci, è super pianificato. È come se fossi inserito in un programma di trattamento specifico: con la narrazione creano importanza e danno profondità al luogo in cui ti trovi, poi ti fanno vivere l’esperienza, e infine ti fanno acquistare i prodotti! E infatti, dopo la visita, non scappi: per uscire, passi per forza dentro lo shop ultra fornito e confortevole, dove una tazza da tè la paghi la modica cifra di 18 dollari. Che fai, un souvenir non lo compri? Lo stesso vale per tutte le altre attrazioni. A fine giro arrivi sempre dentro al negozio. Non si scappa!
3. Se noi italiani avessimo la pulizia di pensiero e il pragmatismo tipico degli Usa, con la creatività, le capacità, gli asset e i prodotti che abbiamo in Italia, sbancheremmo il mondo.
Avranno pure mille difetti, ma, quando si parla di vendite, gli americani sono dei maestri. È illuminante quanto, una volta lì, tu ti renda conto dell’ovvietà di alcune pratiche, che senza tanti giri di parole puntano all’obiettivo: vendere. Arrivi che ti senti un esperto, ritorni che hai capito che hai molto da imparare. Ma questo è un bene.
E, quando torni a casa, ti rendi conto delle differenze: della farraginosità dei processi, di come ci complichiamo la vita inutilmente, di come spesso in Italia non funzionino neanche le cose più elementari, di quanto poco siamo aperti al cambiamento, specialmente nelle imprese più tradizionali. Insomma, di quanta strada dobbiamo ancora fare.