Mi sono spiegato? Quando l'esperienza non basta
QUANDO PENSIAMO DI ESSERE PREPARATI,
MA NON È VERO
(E IL CLIENTE NON CI CAPISCE)
Siamo sicuri di conoscere a fondo la materia di cui parliamo? Spesso siamo superficiali e approssimativi. Questo può portare a fare brutte figure e può essere pericoloso quando abbiamo necessità di convincere un cliente e dobbiamo dimostrare di essere esperti e attendibili.
Quante volte pensiamo di avere una buona conoscenza di un argomento e poi, alla prova dei fatti, cioè dovendo spiegarlo a qualche altra persona, nel modo più chiaro possibile, ci ingarbugliamo, ci confondiamo, siamo poco chiari e poco convincenti?
Quando capitano situazioni del genere – cioè quando non riusciamo a esprimerci in modo chiaro – per evitare di essere costretti a fare troppa autocritica, ci assolviamo: pensiamo che in fondo il nostro compito sia esaurito, che abbiamo fatto tutto il possibile e che lo sforzo di capire ora spetti all’altra persona. Anche se notiamo nel nostro interlocutore qualche più che giustificata perplessità.
Insomma, per cavarci di impaccio, trasferiamo in chi ci ascolta l’onere di comprendere quello che abbiamo fumosamente spiegato. Se non ci riesce, peggio per lui. Al massimo possiamo ripetere il concetto, nel caso ci faccia delle domande più precise. E, siate certi, che le farà! E se non le farà, è anche peggio: significa che dentro di sé ha già espresso un giudizio negativo sul nostro conto.
In una discussione tra amici, una leggera “debacle” può passare inosservata; ma se dobbiamo fornire una spiegazione a un cliente che ha bisogno di conoscere bene un prodotto o servizio per decidere se comprare o no, la cosa diventa complicata e cercare di riformulare la spiegazione, magari con una malcelata insofferenza, diventerà un evidente segnale della nostra scarsa preparazione.
Chi è impreparato, soprattutto se si propone come un venditore esperto, non è molto credibile! Perciò corriamo ai ripari e vediamo come fare per essere preparati su un argomento che crediamo di conoscere.
1. Non confondere familiarità con conoscenza. Proprio perché si tratta di un argomento che abbiamo utilizzato spesso nelle nostre conversazioni, ci suona familiare, quasi ovvio, perfino banale. Così cadremo in errori, ometteremo passaggi che riteniamo superflui e che invece sono importanti per chi ci ascolta.
2. Attenti al processo di semplificazione. La memoria cerca di conservare le parti più significative di un ragionamento. In certi casi, per ragioni di economia, tralascia aspetti secondari o considerati come corollari. Il pericolo è che questo processo banalizzi il nostro ragionamento e che soprattutto favorisca la rimozione di aspetti che appaiono secondari e che invece sono necessari alla comprensione.
3. Ritornare alla fonte. Se temiamo che la nostra conoscenza con il tempo si sia sfilacciata o, proprio come un tessuto, presenti smagliature o buchi, occorre rivedere da capo l’argomento di cui dobbiamo trattare senza tralasciare alcun particolare.
4. Fare una seria autoverifica. In altri termini, non basta rileggere il testo che è la fonte della nostra conoscenza, per essere certi di possederla completamente. Bisogna mettersi alla prova, e uno dei sistemi più efficaci è ripeterlo ad alta voce. Obbligarsi a schematizzare tutti i passaggi, anche se ciò può apparire ridondante, inserire gli aggiornamenti che nel frattempo possono essere emersi, abituarsi a ripetere lo stesso concetto con parole o esempi diversi, farsi, eventualmente, delle domande alle quali rispondere.
UN ESERCIZIO PRATICO
Una scoperta importante della psicologia cognitiva è che testare sé stessi, simulando di avere dinanzi a sé un interlocutore ed esporre con calma e completezza i propri concetti, aumenta la possibilità di dominare meglio le nostre conoscenze ed è un sistema utile ed efficace anche per apprendere cose nuove rispetto alla semplice lettura e ripetizione mnemonica di un testo.
OCCHIO ALLA PIGRIZIA!
La pigrizia spesso porta a illuderci di conoscere bene una certa materia, soddisfatti di quella vaga sensazione di familiarità che abbiamo, ma anche in questo caso non bisogna essere troppo indulgenti con sé stessi. I tempi ci chiedono di essere professionali, e i professionisti combattono sempre superficialità e approssimazione.