Anche se sei il leader, non scegliere al posto del team
Tutti vi sarete trovati dentro una discussione che sembra irrisolvibile. Una di quelle che, a guardarla, pare infinita (succede soprattutto quando ci si concentra sugli individui e non sulle idee: “Ho ragione io”, “è la mia idea contro la tua…”, “Il mio team pensa che…”) La massima tentazione, in questi casi, è di prendere una decisione per chiudere la questione.
Puoi essere il capo, il supervisore oppure no, ma i colleghi o i membri del gruppo guardano a te affinché li liberi dal supplizio e si faccia una scelta. Ecco, se l’istinto è di fare da paciere e di arrivare rapidamente a una svolta, resisti. Sì, perché è troppo presto.
Se sei il leader o un punto di riferimento, ricordati che il dibattito non va spento, ma alimentato, a maggior ragione se è arrivato a un momento clou e precede ormai di poco una soluzione di squadra, approvata da tutti e che quindi tutti accetteranno di buon grado.
Kim Scott racconta un esempio calzante nel libro Sincerità radicale (sottotitolo: Essere un capo tosto senza perdere la propria umanità): nel suo ufficio c’era un ampio open space che, quando il gruppo di lavoro passò da dieci a 65 persone, necessitava di essere riorganizzato. Discussero per buona parte della settimana; la domenica Kim, disperata, sgattaiolò in azienda e sistemò lei stessa le scrivanie. Il lunedì i colleghi erano furiosi: “Eravamo quasi arrivati a una decisione!” Episodio di vita vera.
Quale sarebbe stato l’approccio ideale? Dare una data entro cui decidere e intervenire solo nel caso in cui il dibattito fosse diventato troppo ostile. Scegliere al posto del team non servì a nulla.