"Sai come funziona un phon?", la campagna "scivolone" di IBM
Se chiedi a una donna di prendere il suo phon e le dici "ehi, sai come funziona?", potresti farla arrabbiare. Perché dai per scontato che non lo sappia. In estrema sintesi è quello che è successo con la campagna #HackAHairDryer di IBM.
L'azienda informatica voleva mandare un messaggio diverso sul prodotto asciugacapelli, tirando in ballo la fisica e la meccanica. Cose da uomini, a quanto pare, se il soggetto "donna" deve riscoprire i meccanismi nascosti di un oggetto che usa tutti i giorni. E soprattutto se è ancora necessario ricordare, nel 2015, che "non conta quello che hai sopra la testa [i capelli], ma quello che hai dentro", come dice la voce narrante dello spot. Non fraintendetemi, l'intento era buono... ma forse buonista, ecco. Perché dover ancora dimostrare che "ci sappiamo fare", che il beauty non è il nostro unico interesse e che possiamo essere curiose, inventive, brillanti?
La scorsa settimana, su Twitter, hanno risposto ricercatrici, astronome, astrofisiche. Insomma, "cazzute" signore di laboratorio che con gli studi sono, diciamo, un po' più in là. Fotografandosi con in mano un phon, hanno rivendicato conoscenze e studi che ormai da decenni non sono più prerogativa maschile. Perché, insomma, una donna non dovrebbe sapere come funziona un phon, se ci sono donne che cercano la cura contro il cancro o mandano missili nello spazio?
Preferisco costruire satelliti, ma buona fortuna con questa cosa dell'#HackAHairDryer.
E ancora:
Lascio che siano gli uomini a riparare i phon. Io mi occupo di nanotecnologie e cura del cancro.
Mi spiace, IBM, non uso il phon. Che sia la fine del mio lavoro nelle discipline scientifiche?
Certo, risposte dettate dall'onda emotiva, ma che IBM non ha pensato di poter originare.
IBM ha fatto dietrofront. Anzi, ha fatto una bella inversione a U, scusandosi formalmente e togliendo tutto ciò che si poteva trovare di questa campagna sul web (i video sono stati rimossi, restano dei fermo-immagine).
All'hashtag #HackAHairDryer si è aggiunto quello #womenintech (donne tecnologiche) e adesso l'azienda che usava "innovazione" come parola chiave nella sua comunicazione si lecca le ferite e ripensa al suo scivolone.
Una volta un manager mi ha dato un buon consiglio: "Non parlare dei tre argomenti caldi (sesso, religione, politica) se non sei costretta a farlo", e soprattutto se questi argomenti, di cui tutti possiamo dire più o meno tutto, c'entrano poco o nulla col nostro lavoro.
Si tratta di un campo minato, e questo dobbiamo sempre ricordarcelo. Ormai i tempi sono maturi, ed evidenziare differenze (tra generi, età...) può essere rischioso - a meno non sia nostro compito, è chiaro. Ma ci sono fior fiore di associazioni che se ne occupano.
EDF, compagnia del settore energetico, ha commesso un errore simile con una campagna che voleva incoraggiare le bambine a studiare le materie scientifiche. Presupposto simile a quello di IBM, titolo fuorviante: "Pretty curious", cioè "Curiose in modo carino" o una cosa tipo "Carine e curiose". Come se, in ogni caso, la bellezza - intesa a questo punto solo come qualità femminile (?) - sia la base per studiare la scienza. Solo le belle possono fare le scienziate? Poi le deduzioni dei consumatori si sprecano, e magari non sono neanche tutte corrette. Magari l'azienda "non voleva dire questo", però, per evitare ogni rischio, evita titoli del genere, e sei più tranquillo.
O evita anche di trattare i tuoi clienti da stupidi, come ha fatto Spotify con la sua campagna per l'ultima festa della mamma: "Vuoi festeggiarla? Spiegale come funziona Spotify. Quella nuvola con la musica... no, non la nuvola-nuvola". Se gli utenti riuscivano a portare la genitrice sulla piattaforma, un bel servizio premium per loro...
Non siamo più neanche nel cliché, ma nel cliché banalotto.