IN VINO... VENDITA
UN PRODOTTO DA SEMPRE LEGATO AL NOME DELL'ITALIA. UN PICCOLO OSSERVATORIO COMMERCIALE PER SAPERNE DI PIÙ
Domenica a Verona inizia il Vinitaly, prima fiera al mondo nel settore del vino e dei distillati, e 4 mila espositori e presenze da America, Australia, Asia.
Vino: "nettare degli dei", "miele del cuore"... anche per i venditori che lo vendono? Insomma: come sta il mercato? Cerchiamo di rispondere sorseggiando fatti, dati e curiosità.
Quanto beviamo in Italia?
37,2 litri di vino pro capite nel 2012, -14% dal 2008 (Organizzazione internazionale della vite e del vino).
Vendite nei supermercati (Gdo)
Si beve meno, ma meglio: in generale la crisi dei consumi colpisce i pratici brik, ma non i vini "nobili" in bottiglia.
• Nel 2012 sono calate le vendite di vino nei supermercati, per la prima volta negli ultimi dieci anni. In generale il mercato del vino confezionato ha conosciuto una flessione del 3,6%. Giù il vino in brik (-1,7%) e le bollicine (-0,6%); a questa tendenza negativa di contrappone la preferenza in crescita per il vino in bottiglia a denominazione d'origine (+3,3%) e per il vino a marca commerciale (+1,9%), prodotto dalle catene distributrici che lo etichettano col proprio nome o con denominazioni di fantasia.
• Forte aumento dei prezzi dei vini: +4,5% a litro per le bottiglie di 75cl a denominazione d'origine (prezzo medio 4,28 euro al litro) e +10,1% per i brik (1,24).
• I vini più venduti? Al primo posto il Lambrusco (più di 14 milioni di litri, 44 milioni di euro); poi Chianti, Montepulciano d'Abruzzo, Barbera, Bonarda.
(ricerca SymphonyIRI Group)
Il vino è cool
A pranzo e a cena si beve sempremeno vino, soprattutto per questioni legate alla salute e alla dieta, ma persiste il rito dell'aperitivo a trainare i consumi. È l'happy hour, che nelle grandi città, ma spesso anche fuori, si prolunga in cene low cost con buffet, stuzzichini e vari tipi di "finger food" (come gli inglesi chiamano il cibo mangiato con le mani). Il mercato non punta più sul consumo quotidiano, ma sul lato glamour della bevanda, con il vino protagonista alle prime delle stagioni teatrali, alle sfilate di moda, a eventi sportivi o alle aste di beneficienza (Movimento turismo del vino).
Barolo come Valentino
Legato a questo fenomeno è anche quello che vede Paesi come Brasile, Russia, India e Cina (i cosiddetti Paesi "Bric", dalle loro iniziali) ricercare i vini italiani legandosi al brand e al concetto di lusso e "bella vita" (insomma, Barolo come Valentino). Un bacino potenziale di miliardi di consumatori, che bevono ancora poco rispetto agli italiani (37 litri contro il litro dei cinesi, per esempio), ma la domanda è in crescita. Nel 2012 nel mondo sono stati bevuti 245,2 ettolitri di vino.
Questo interesse, suscitato dalla fama enogastronomica del Bel Paese, si scontra con:
• una concorrenza internazionale agguerrita (vedi il modello francese);
• la degustazione come attività riservata alle classi più ricche e, come in Cina, più vicine alla mentalità occidentale;
• la preferenza per le bevande tradizionali locali (la birra in Brasile, che tuttavia, come produttore, sta cercando di promuovere il consumo vinicolo anche nel mercato interno);
• l'elevata tassazione, che in India limita le vendita nella grande massa della popolazione e chiude il vino nei ristoranti e negli hotel più facoltosi.
(Movimento turismo del vino, winenews.it)
Esportazioni
L'Istat, a inizio anno, dava il vino tra i prodotti più esportati nel 2012: +7% rispetto al 2011 con 4,5 miliardi di fatturato. E in effetti pare che l'estero sia il comparto che dà maggior respiro al mercato vinicolo italiano.
Vale non solo per le cantine, ma anche per la Gdo: l'Italia non ha una catena distributiva nazionale con punti vendita nel mondo, ma molte insegne italiane già da anni vendono il vino all'estero (Conad, Despar, Iper...), e da parte sua la Gdo straniera cerca rapporti diretti con le cantine italiane anche per le proprie etichette a marca commerciale (alimentarblog.info).
Il vino è online?
Dal 2011 si parla di vino ed e-commerce, cercando di capire le opportunità di interazione tra questi mondi e soprattutto quelle di business. Fino a qualche anno fa i sondaggi davano come preferito l'acquisto diretto dal produttore, all'interno, per esempio, del tipico turismo vitivinicolo, con le visite alle cantine; le aziende inizialmente hanno usato il web creando siti "vetrina", per presentare i prodotti; poi i siti di e-commerce di vendita del vino si sono moltiplicati, senza però che nessuno raggiungesse una visibilità preponderante. Ma le cose stanno cambiando.
• All'estero: gli Usa hanno assistito al caso di www.wine.com, online dal 1998, con 2.500 etichette, possibilità di acquisto anche di una sola bottiglia, spese di spedizione a 12 dollari, e una community con 27 mila iscritti, 9 mila recensioni di vini e 24 mila listini. In Francia esiste chateuonline.fr, 1,500 etichette, forte attenzione all'area business e regali, vende bene in Germania e Gran Bretagna, toccando anche l'Italia.
• Perché vendere vino online è difficile? Dipende dalle caratteristiche del prodotto vino: peso e fragilità delle bottiglie; vincoli (produttori che vendono confezioni a multipli di sei); frammentazione dell'offerta (pochi vini conosciuti a livello mondiale); l'incapacità per il cliente di "toccare con mano" il prodotto, in questo caso assaggiarlo (un po' come succede con l'abbigliamento).
Eppure vendere vino online ha dei vantaggi:
• il cliente può essere incentivato ad acquistare prodotti di località troppo lontane da raggiungere fisicamente;
• i supermercati offrono al massimo 100-200 etichette;
• il costo del vino, se non nei supermercati almeno nelle enoteche, ha margini elevati;
• con i social network l'esperienza d'acquisto è interattiva: il cliente può essere consigliato e allo stesso tempo può fare commenti e proposte;
• resta la comodità della consegna a domicilio;
• ci sono aziende che offrono modalità speciali di pagamento, solo dopo che il cliente ha ricevuto e assaggiato il vino; se non è soddisfatto, restituisce la merce senza spese.
Anche online le aziende provano soluzioni diverse: scelgono di specializzarsi su un solo prodotto invece di optare per la rivendita generalista, propongono vendite a tempo e buoni sconto (couponing), oppure usano sistemi di vendite conto terzi, come supporto alle attività di marketing aziendale. Senza contare che l'online resta una delle vie più dirette per raggiungere i Paesi esteri: non a caso Vinitaly ha aperto, in occasione dell'inizio fiera, una pagina web che parla del salone sui principali social network cinesi.
Non solo le aziende si dedicano all'e-commerce: molti appassionati, o perché con un'origine familiare legata all'agricoltura o perché interessati a vendere direttamente i prodotti tipici della propria terra, si informano sempre più spesso sui blog dedicati o dalle Camere di commercio per avviare un'attività di vendita online. Le possibilità sono diverse: vendere direttamente il proprio vino avendo un magazzino di stoccaggio oppure vendere il vino di altri usando il proprio sito internet e-commerce, con o senza magazzino di stoccaggio (il cosiddetto "dropshipping"). Ce n'è davvero per tutti budget (fonti e per approfondimenti: avvinare.it, alimentarblog.info, comunikafood.it).