Quello sporco, ultimo miglio
Le statistiche – chissà poi il perché!? – sostengono che il lunedì sia il giorno migliore per presentare la propria candidatura per un posto di lavoro, e in effetti di curricula, con questa aria di crisi, ne girano parecchi, sulla mia scrivania così come su quelle di molti altri imprenditori e manager italiani.
Il lunedì mattina è anche il momento in cui, più per coincidenza che per abilità stregonesca degli statistici di cui sopra, dedico il giusto tempo all’esame delle candidature e dei curricula. Secondo qualche oscuro principio, appaiono e si moltiplicano quasi per trasmutazione alchemica.
Così, come ogni lunedì – sono le 9, tazza di caffè bollente alla mano – mi accingo a leggere il primo curriculum, il secondo, poi il terzo…
Occupandomi a vario titolo di vendita, mi aspetto di visionare profili a loro volta interessati alla vendita, e invece no: accantonati d’ufficio le immancabili quanto improbabili “candidature alla presidenza” e l’ennesimo curriculum del “figlio del cugino dell’amico dell’amico”, nei rimanenti la dicitura “venditore” non comprare nemmeno una volta.
È tutta una rassegna di “commercial advisor”, “business developer”, “account manager”, esperti di quella o di quell’altra non meglio precisata branca del marketing – a suffragio della mia vecchia e radicata convinzione che il mercato è pieno di profili dalle spiccate doti di management, di specialisti altamente preparati, di imprenditori “con l’idea giusta”. Tutti, comunque e sempre, alla ricerca di qualcuno che faccia per loro il lavoro sporco e trasformi il sogno in fatturato.
E allora, come ogni lunedì, mi chiedo: “Ma dove sono finiti i commerciali puri, i venditori con la “V” maiuscola, cultori per volontà e per vocazione di quel fatidico, cruciale “ultimo miglio”?
Per esperienza personale e per sano buon senso, posso garantire che il successo sta tutto lì, in quello sporco, ultimo miglio.
La vendita rappresenta, senza ombra di dubbio, il processo aziendale più critico, ma al contempo il più cruciale: è attraverso la sua azione che il prodotto intercetta il mercato e, ovviamente, in questa fase il venditore riveste un ruolo economico di primissimo ordine. La funzione economica di una società sta in piedi grazie ai commerciali, che spingono il “carretto”: se non ci fossero i venditori, le aziende produrrebbero invano. Non si raggiungerebbero gli obiettivi di fatturato, non si pagherebbero gli stipendi agli operai, agli impiegati, ai dirigenti, le materie prime o i macchinari per produrre.
La rassegna delle banalità, ne sono consapevole.
Eppure è dietro le banalità che spesso si nascondono delle verità.
Me ne accorgo anche ora, mentre sfoglio questi curricula.
Apprezzo tutti i giorni, nel quotidiano, quanto sia importante coltivare, nei confronti dei propri collaboratori, ma prima ancora in se stessi, una forte attitudine commerciale, fatta di entusiasmo (anche un po’ forzato, in questi tempi da “coltello tra i denti”), di attenzione, interesse, decisione e azione (ricordate quella celebre scena dal cult movie Americani?), ma soprattutto di passione per il proprio lavoro.
La vendita è prima di tutto un lavoro, anzi, un bel lavoro. Una professione che, se interpretata secondo criteri di modernità, dinamismo, preparazione e serietà, può riservare grandi soddisfazioni sotto il profilo lavorativo, retributivo e della realizzazione personale.
Non c’è nulla di dequalificante nell’essere professionisti della vendita: tutti dovrebbero capirlo, i commerciali prima di chiunque altro.
Se è vero che, soprattutto in Italia, si risente dell’assenza di una “cultura della vendita” – peculiare nei Paesi di matrice anglosassone, ad esempio – è altrettanto vero che molto spesso il venditore continua a non rendersi conto di essere un ingranaggio insostituibile della società moderna, e si vede piuttosto come l’ennesima vittima della Crisi, ormai assurta al rango di entità metafisica.
Solito lunedì, sono le 9.15, il caffè si è raffreddato…
Chiudo l’ultimo curriculum e, dalla mia scrivania, rivolgo idealmente questo accorato appello: venditore, vindica te tibi! Rivendica te stesso!
Rivendica l’importanza che compete al tuo ruolo!
E volutamente scomodo l’illustre Seneca con questa citazione perché ne vale la pena, perché il tuo ruolo è importante.
Formati, approfondisci, cadi, rialzati in piedi e crolla a terra di nuovo.
Soprattutto piantala di nasconderti dietro improbabili neologismi in quell’inglese di plastica.
Sei un venditore – l’unico in grado di percorrere quello sporco, ultimo miglio.